Corruzione per l’esercizio delle funzioni, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, corruzione in atti giudiziari e induzione indebita a dare o promettere utilità. Sono i reati che vengono contestati a cinque persone, finite agli arresti domiciliari. Nomi eccellenti, raggiunti da un’ordinanza applicativa della misura cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli. Si tratta di Roberto Penna (nella foto), all’epoca dei fatti sostituto procuratore presso il Tribunale di Salerno, Maria Gabriella Gallevi, avvocato del Foro di Salerno, e degli imprenditori Francesco Vorro, Umberto Inverso e Fabrizio Lisi, quest’ultimo ex generale della Guardia di Finanza, finiti al centro di un’indagine condotta dai carabinieri del Ros.
L’ex pm Roberto Penna avrebbe fornito notizie coperte da segreto investigativo
Secondo gli inquirenti partenopei, abusando della sua funzione e in cambio della promessa del conferimento di incarichi di consulenza professionale all’avvocato a cui era sentimentalmente legato, il giudice Roberto Penna avrebbe promesso, e in alcuni casi anche fornito, agli imprenditori arrestati, aderenti a un consorzio, notizie coperte da segreto investigativo su indagini potenzialmente pregiudizievoli per le loro attività.
Lo scorso 14 luglio i Ros, su ordine dei pm Ardituro e Fratello, avevano eseguito una serie di perquisizioni nei confronti degli indagati. L’attività d’indagine dei carabinieri, che va dall’ottobre 2020 al luglio 2021, avrebbe fatto luce su un vero e proprio “patto corruttivo” tra il magistrato, a conoscenza, per ragioni d’ufficio, di informazioni coperte da segreto, e gli imprenditori del consorzio i quali avvalendosi della sua compiacenza sarebbero riusciti a evitare i provvedimenti interdittivi della Prefettura di Salerno, dove, peraltro, il consorzio in questione aveva la sua sede.
Gli imprenditori, inoltre, sempre avvalendosi dell’aiuto dell’ex pm Roberto Penna, avevano intenzione di allacciare rapporti privilegiati con i funzionari del Palazzo di Governo di Salerno per conseguire la collocazione del consorzio nella cosiddetta “white list”. Tra gli obiettivi che si erano prefissati figura anche la sottoscrizione di un protocollo di legalità tra il loro consorzio e la Prefettura.