Va meglio, ma non bene. Mentre da mesi si discute delle risorse europee ottenute con il Pnrr, fondamentali per l’attesa ripartenza dell’economia andata in crisi a causa dell’emergenza Covid, l’Italia continua a non riuscire a spendere i fondi che l’Ue mette a disposizione. A certificarlo è la Corte dei Conti, che ha appena approvato la “Relazione annuale sui rapporti finanziari tra l’Italia e l’Unione e l’utilizzazione dei fondi europei” (qui il focus).
IL QUADRO. Nel 2020 l’Italia ha partecipato al bilancio dell’Unione con versamenti per 18,2 miliardi di euro, 1,4 miliardi in più rispetto al 2019, e si è vista attribuire risorse per 11,6 miliardi di euro, dunque meno di quanto ha versato. Si tratta di un anno che la magistratura contabile definisce di transizione, specificando che “i numerosi strumenti di sostegno Ue alle economie degli Stati membri e l’eccezionale portata del bilancio pluriennale 2021-2027, invertiranno probabilmente la tradizionale posizione di contributore netto dell’Italia, che beneficerà in quota maggioritaria delle risorse del Recovery plan, oltreché dei consueti Fondi di investimento e strutturali europei”.
A preoccupare però è appunto l’incapacità del Paese di utilizzare le risorse europee. La Corte dei Conti esprime “cauto ottimismo” alla luce del raggiungimento, alla fine del 2021, del target di spesa previsto da tutti i 51 Programmi operativi cofinanziati dal Fondo europeo di sviluppo regionale e dal Fondo sociale europeo del ciclo di programmazione 2014-2020, “in considerazione dei dati che mostrano percentuali realizzative del 72,5% per gli impegni e del 47,7% per i pagamenti”. Un passo in avanti. Caratterizzato però da troppe occasioni perse.
Sul fronte della “Cooperazione territoriale europea”, il livello complessivo degli impegni si è assestato al 98,55% del totale programmato al 31 giugno dell’anno scorso, mentre per quanto riguarda l’attuazione finanziaria del Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, al 31 agosto 2021, risultano spese complessive dichiarate per 13.266 milioni di euro. Ecco poi che “si conferma “non positivo” l’andamento dell’uso dei fondi destinati a pesca e acquacoltura, con criticità in tutte le fasi, per le incertezze derivanti dal mancato aggiornamento dei sistemi di governo e controllo dei fondi dedicati al settore”.
Senza contare la piaga delle frodi. Il numero delle segnalazioni e degli importi irregolari è passato dai 22 casi del primo semestre ai 155 casi dell’intero anno. In aumento anche la spesa irregolare, passata da 30,9 a 73,9 milioni di euro. E tra i settori maggiormente colpiti la Corte dei Conti indica quello degli appalti.
LA REAZIONE. Amareggiato davanti all’ennesima conferma della scarsa capacità dell’Italia di sfruttare le risorse provenienti dall’Ue il sottosegretario alla Presidenza del consiglio dei ministri, con delega agli affari europei, Vincenzo Amendola. “Il nostro dipartimento non è un dipartimento di spesa, ma di negoziati. Fatta questa premessa – afferma l’esponente del Pd – leggendo dati del passato dico che quello che emerge è qualcosa che non fa bene all’immagine del nostro Paese e agli stessi negoziati. E per questo ritengo che con il Pnrr e con quasi 100 miliardi di fondi nei prossimi 7 anni non possiamo andare col passo con cui siamo andati in passato”. Ancora: “Noi negoziamo ma poi i fondi vanno spesi e non utilizzarli è uno spreco allucinante di risorse. Se questo è il trend alcuni colleghi europei avevano ragione ad essere scettici”.