Italia malata di… Mal’aria. L’emergenza smog resta un problema cronico. E il 2021 è stato un vero e proprio anno nero. La diagnosi dell’ultimo report di Legambiente, del resto, è impietosa: su 102 capoluoghi di provincia, nessuno rispetta tutti e tre i valori limite suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): 15 microgrammi per metro cubo per il PM10, una 5 g/mc per il PM2.5 e 10 g/mc per l’N02.
La fotografia è desolante. Solo cinque città che rispettano i valori suggeriti dall’Oms per il PM10 (Caltanissetta, La Spezia, L’Aquila, Nuoro e Verbania) e il biossido di azoto (Agrigento, Enna, Grosseto, Ragusa e Trapani). Nessuna per il PM2.5. E se si guarda al gap che, secondo Legambiente, va colmato per rientrare nei ranghi, il quadro è ancor più desolante.
Per ridurre l’inquinamento e rientrare nei ranghi dei parametri dell’Oms, le città italiane dovrebbero ridurre, mediamente, del 33% le concentrazioni di PM10. Le città più distanti dall’obiettivo sono Alessandria, Milano, Brescia, Lodi, Mantova, Modena e Torino: per rimettersi in carreggiata servirebbe un taglio delle emissioni addirittura del 50%. Situazioni complicate anche ad Asti, Avellino, Cremona, Padova, Piacenza, Reggio Emilia, Treviso, Venezia, Verona e Vicenza.
Quanto al PM2.5, la parte più fina delle polveri sottili e quella che desta maggiori preoccupazioni dal punto di vista della salute, rispettare i criteri dell’Oms richiederebbe una riduzione a livello nazionale delle concentrazioni del 61%. Con picchi addirittura maggiori in città come Cremona e Venezia (79%), seguite da Vicenza, Piacenza, Padova, Milano, Asti, Alessandria, Verona, Torino e Treviso. Per l’NO2 la riduzione media necessaria è invece del 52%, con le criticità maggiori registrate a Milano e Torino, seguite da Palermo e Como, Bergamo, Trento e Teramo, Monza e Roma, Napoli e Bolzano.
Come se ne esce? Il Rapporto Mal’aria indica la strada: riprogettare lo spazio pubblico urbano con quartieri car free, in cui tutto ciò che serve sta a pochi minuti a piedi da dove si abita; aumentare il trasporto pubblico elettrico nazionale con 15mila nuovi autobus, nuove reti tranviarie per 150 chilometri, cura del ferro (500 nuovi treni). Sul fronte del riscaldamento domestico, serve un piano di riqualificazione energetica dell’edilizia pubblica, con abitazioni ad emissioni zero grazie alla capillare diffusione di misure strutturali come il Bonus 110% – su cui però è calata la mannaia del governo Draghi che ha limitato fortemente l’intervento – e che favorisca il progressivo abbandono delle caldaie a gasolio e carbone da subito, e a metano nei prossimi anni verso sistemi più efficienti alimentati da fonti rinnovabili (es. pompe di calore elettriche).
“L’Italia deve uscire al più presto dalla logica dell’emergenza e delle scuse che ha caratterizzato gli ultimi decenni fatti di piani, parole, promesse – spesso disattese – e scuse per non prendere decisioni, anche impopolari, per cambiare faccia alle nostre città e abitudini alle persone – spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente commentando i dati contenuti nel report “Mal’aria di città” – . L’inquinamento atmosferico deve essere affrontato in maniera trasversale e integrata con azioni efficaci, incisive e durature con misure integrate messe in campo dal governo nazionale, da quelli regionali e comunali. Nell’ambiente urbano i due settori che incidono maggiormente sono la mobilità e il riscaldamento domestico. Un cambio di paradigma è quanto mai necessario a partire proprio da questi due settori”.