La Stella alpina si porta a casa quasi 28mila euro. Più o meno come Demo.S, sigla che sta per Democrazia solidale. Bruscolini rispetto al Movimento La Puglia in Più, che mette in cassa oltre 67mila euro, facendo a sua volta impallidire, il progetto Idea, ossia Identità e Azione, che ha racimolato 19mila e 500 euro. Benvenuti nel mondo della ripartizione del 2×1000, l’ultima fonte di finanziamento ai partiti.
Un mezzo per garantire iniziative politiche, ma anche frontiera di sostentamento per formazioni sconosciute. La Stella Alpina, movimento valdostano, è una delle più sorprendenti. Sul piano nazionale non ha lasciato tracce. Il segretario è Carlo Marzi, paradossalmente nato a Benevento. Il suo volto più noto è l’ex deputato Rudi Marguerretaz, gravitato nell’orbita della Lega durante la scorsa legislatura.
La Puglia in Più è invece la creatura del senatore Dario Stefàno, oggi senatore del Pd. Sempre a Palazzo Madama c’è la roccaforte di Idea, iniziativa lanciata dagli ex berlusconiani Gaetano Quagliariello e Carlo Giovanardi. Immancabile, nella ripartizione delle risorse, il Centro democratico di Bruno Tabacci che ottiene 90mila euro. Ma la parte del leone tra le formazioni minori spetta all’Unione sudamericana emigrati italiani, che strappa la bellezza di 118mila euro (40mila più del 2021).
Come funziona il 2×1000? La riforma, che ha eliminato il finanziamento diretto, ha previsto una norma che consente a varie organizzazioni politiche di ricevere un sussidio pubblico. Questo avviene tramite una donazione del contribuente, che nella dichiarazione dei redditi può inserire il codice riferito a un partito politico. Solo che per poter accedere a questa formula sono previsti vari passaggi burocratici, con uno statuto da sottoporre a un’apposita commissione. E qual è il risultato di questi bizantinismi?
Che la Stella alpina possa risultare essere beneficiaria del due per mille, mentre altri progetti politici, come il Movimento 5 Stelle o l’Alternativa, presente alla Camera con una componente, siano esclusi. Si tratta di storia recente: nella deliberazione del dicembre scorso non sono state accolte varie richieste, tra cui quella di Coraggio Italia. Curioso che Giovanni Toti venga tagliato fuori con il nuovo partito, ma acceda ai fondi attraverso la vecchia sigla, Cambiamo, che ha racimolato 54mila euro. Resta una certezza: per l’anno in corso, un sostenitore pentastellato non potrà destinare il 2×1000 al M5S, mentre potrà accedere al finanziamento Italexit, il nuovo partito di Gianluigi Paragone, new entry del prossimo due per mille.
Il resoconto mostra come i contribuenti non siano così entusiasti di finanziare i partiti. Solo il 3,3% ha scelto di inserire un codice nella sezione del 2×1000 partiti. Il Pd è quello che se la cava meglio, portando a casa 6 milioni e 900mila euro. Più staccati Fratelli d’Italia con 2 milioni e 600mila: per il partito Giorgia Meloni c’è comunque un incremento di 500mila euro sull’anno precedente.
Le “due leghe” subiscono il sorpasso, nonostante insieme sommino circa 2 milioni e 300mila euro: la Lega Nord ne porta a casa circa 646mila, la “Lega per Salvini premier” 2 milioni e 358mila. Non può lamentarsi Azione di Carlo Calenda, con 882mila euro, facendo meglio di Matteo Renzi, che con Italia viva si ferma a 808mila, e di Articolo Uno (partito di Speranza e Bersani), che beneficia di quasi 700mila euro.