Abituato come sono a fare a pugni in tv con i ceffi peggiori delle destre e delle sinistre, per non parlare dei colleghi giornalisti a libro paga del sistema, i tanti insulti ricevuti ieri per aver criticato Conte sulla partita del Quirinale dovrebbero scivolarmi addosso. Al contrario, invece, mi amareggiano, anche perché sono un allarme sul rischio che corrono certe battaglie.
Quando Conte, sempre lui, voleva far fuori dal Movimento persino Grillo, qualcuno ricorderà che affrontai folle di tifosi inferociti per spiegare le ragioni di entrambi e sostenere chi stava cercando un chiarimento – come Di Maio – indispensabile per non far finire in pezzi l’unica forza politica capace di difendere una serie di valori svenduti dagli altri partiti: dal welfare all’Ambiente, dalla lotta ai privilegi sino alla dignità di tutti i cittadini. Ma ora che lo scontro si ripropone – stavolta tra Conte e Di Maio – in ballo c’è di più, a partire da cosa vuole diventare il Movimento.
In tal senso, la vicenda del Presidente della Repubblica è stata emblematica, e se qualcuno non l’avesse ancora capito la gestione del capo politico 5S ha rischiato di concludersi con Casini o la Cartabia sul Colle, salvo poi fare spallucce perché così si erano accordati tutti. Si era deciso – si dirà – per un forte cambiamento con la scelta di una donna, ma a dare la Belloni per cosa fatta quando non lo era affatto, facendo esporre persino Grillo con un post sballato sul suo blog, non è stato certo Di Maio, che proprio la Belloni ha cercato di non bruciare fino all’ultimo, tanto da essere ringraziato ieri dalla diretta interessata.
Dunque, senza togliere uno solo dei tanti meriti di Giuseppe Conte, di errori ne può fare anche lui, e vedere che chi ne chiede semplicemente conto finisce per essere bollato come poltronaro e traditore (giusto per usare i termini più cortesi appioppati a Di Maio) fa sorgere più che un dubbio sulla mutazione del Movimento in un partito personale dalla traiettoria sconosciuta, nei giorni pari verso il Pd e in quelli dispari giudicato inaffidabile dagli stessi dem. Da osservatore esterno e però attento a questa comunità e ai valori preziosi di cui si fa interprete, penso perciò che le divisioni non servano, così come le tifoserie più infatuate che lungimiranti.