A sentire gli staff dei gruppi parlamentari di Camera e Senato non ci sono dubbi: all’interno del Movimento cinque stelle il presidente Giuseppe Conte gode di ampia stima e forte credibilità. A rimetterci, se si volesse dar credito alle voci che rimbalzano nel Transatlantico, è stato solo Luigi Di Maio (leggi l’articolo) dopo la sua uscita che ha di fatto sbarrato le porte del Quirinale a Elisabetta Belloni nella “notte dai lunghi coltelli”. Eppure il clima resta teso. Profondamente teso.
Nella totale incertezza del futuro pentastellato, senatori e deputati sono convinti di una cosa: “Un chiarimento ci sarà, così non si può andare avanti”. Anche perché, se apparentemente da un punto di vista numerico Conte è ancora amato – specie tra gli attivisti – Di Maio è forte di una rete che nel tempo ha saputo tessere. Ed è soprattutto questo ciò che spaventa Conte: il “peso” di alcuni pezzi da novanta del Movimento – a cominciare dai due capigruppo Andrea Crippa e Mariolina Castellone – che potrebbe appoggiare Di Maio in caso di redde rationem.
Anche per questa ragione chi in queste ore gli è stato vicino sta riflettendo su una possibilità non così remota: nel momento in cui Di Maio ha rotto definitivamente con Conte, una strada percorribile potrebbe essere quella di “recuperare” il rapporto con Alessandro Di Battista. Una prima apertura – perlomeno così è stata letta da molti – deriverebbe dalle parole dello stesso ex parlamentare die due giorni fa al Fatto Quotidiano: “Reputo Conte una brava persona”. E poi, su Di Maio: “Credo che a Luigi interessi più salvaguardare il suo potere personale che la salute del Movimento”.
Parole che certamente condivide lo stesso Conte. Che possa essere proprio questo un punto da cui partire (o ripartire) insieme? Domande a cui al momento non c’è risposta ma che frullano nella testa di Conte e non solo. Al momento, però, ancora non ci sono stati contatti. E, forse, il motivo va ritrovato nel fatto che verosimilmente il presidente 5S sa bene che Di Battista potrebbe porre condizioni molto ostiche in questo periodo: no all’appoggio al governo Draghi, no al due per mille, no al doppio mandato. E soprattutto – chissà – no all’alleanza con il Pd.
Insomma, condizioni che in questo momento sarebbero complicate da accettare per il nuovo corso che Conte ha dato al Movimento. Che però il possibile contatto sia in piedi, è attestato da un altro indizio. Appena il giorno dopo l’intervista di Di Battista, a parlare con Il Fatto Quotidiano è stato lo stesso Conte, che non ha risparmiato altre parole al veleno nei confronti di Di Maio: “Dovrà rendere conto di diverse condotte, molto gravi”.
LE TRE STRADE. Parole, queste, che fanno riflettere anche su un altro aspetto: comunque la si metta un chiarimento arriverà. Al momento le strade non prevedono uno scontro frontale. Nessuno dei due personaggi politici pondera la possibilità di chiedere l’espulsione dell’altro. Potrebbe essere controproducente. Rimangono dunque due carte sul tavolo: un chiarimento in assemblea congiunta alla presenza di tutti i deputati e i senatori; o una votazione online di modo che anche gli attivisti siano coinvolti. Per ora la strada, però, è quella dell’attendismo da parte di entrambi i fronti.
Quel che è certo è che, sottotraccia, è partita la conta delle truppe cammellate: prima di intraprendere una strada o un’altra tanto Di Maio quanto Conte vogliono comprendere per bene sull’appoggio di parlamentari, consiglieri regionali e attivisti. Nel marasma generale che intanto si è diffuso attorno al Movimento, c’è addirittura chi vocifera – ma senza alzare troppo la voce – di “congresso”. Parola fino a qualche tempo fa osteggiate dal Movimento.
E ora, invece, pare che tanto nello staff di Di Maio quanto in quello di Conte più e più volte si pronunci questa parola. La ragione? La spiega un senatore che, vista la situazione, deve restare anonimo: “Sarebbe il giusto compromesso tra l’ennesima riunione su zoom tra tutti i parlamentari e una votazione online. Un congresso magari allargato anche ai consiglieri sarebbe la situazione migliore”. Resta al momento una sola certezza: nell’eventualità si troverà un’altra parola, non “congresso”. Per non incattivire ancora di più gli attivisti.