Rinviata al 6 aprile l’udienza per Patrick Zaki, il ricercatore egiziano dell’Alma Mater di Bologna che stamani era atteso presso il Tribunale per la sicurezza dello Stato a Mansoura per rispondere dell’accusa di diffusione di false notizie in patria e all’estero. Lo si apprende dal profilo Twitter dell’attivista. Zaki ha già trascorso 22 mesi in detenzione cautelare, e l’8 dicembre scorso è stato scarcerato (leggi l’articolo), ma non può ancora lasciare l’Egitto.
“Speriamo che qualcosa di buono accada il 6 aprile, dato che voglio essere di nuovo a Bologna il prima possibile” ha detto ai giornalisti Zaki nei pressi del Palazzo di Giustizia di Mansura. “Penso che stiano provando a prender tempo per la decisione finale, poi vedremo cosa succederà”, ha aggiunto lo studente egiziano riferendosi implicitamente al giudice monocratico e altri responsabili egiziani.
“Sto bene, ma devo confessare che le ultime settimane non sono state facili – ha raccontato a Repubblica Zaki -: ho dovuto imparare di nuovo a vivere, a usare la tecnologia, a stare con le persone. Da quando sono stato rilasciato la mia missione è stata tornare a far parte della società: non posso dire che non sia successo nulla, perché quella del carcere è stata un’esperienza lunga e difficile ma sto cercando di elaborare e di andare avanti con la mia vita”.
“Io non credo di essere una persona particolarmente coraggiosa – ha aggiunto lo studente egiziano – ma quando uno sceglie di lavorare sui diritti umani in Egitto sa a cosa va incontro. Sa che non è un gioco e che può passare dei momenti molto duri. Sono determinato ad andare avanti: voglio lavorare perché le persone del mio Paese e del mondo arabo possano godere di maggiore libertà”.
Quanto ai suoi piani, Zaki spiega: “Il più immediato è tornare a Bologna, il prima possibile e rimanere lì per un periodo lungo. Spero di essere con i miei colleghi per l’inizio del prossimo semestre, che è fra pochi giorni. Cosa succederà dopo non lo so: so che continuerò a lavorare sui diritti umani. Non lascerò l’Egitto per sempre. Il mio lavoro riguarda l’Egitto. Non voglio scappare. Io partirò quando si potrà ma la mia famiglia resterà qui: verrà a trovarmi certo, ma questo è il mio Paese. Non lo abbandono”.
“E’ un’attesa ancora enormemente lunga quella di Patrick per avere finalmente la sua libertà. E’ una data che ricorre quella del 6 aprile: nel 2020 e nel 2021 c’erano state altre udienze in questa data” ha commentato all’Ansa il portavoce di Amnesty International in Italia, Riccardo Noury. “Speriamo – ha aggiunto – che sia l’ultimo giorno in cui Patrick si presenterà di fronte a un giudice e fino ad allora c’è da aspettare, da stargli vicino e accompagnarlo in questa lunga attesa di quella che speriamo sia l’ultima udienza”.