Quando il sangue agli occhi si sarà asciugato, Conte e Di Maio non potranno far finta di niente, liquidando facilmente la guerra in atto da giorni, tipo Draghi con i suoi ministri, usciti triturati dalla partita per il Colle, eppure tornati ai loro posti come se niente fosse.
Certe ipocrisie sono pane quotidiano nei governi, ma non si possono digerire in una forza politica che fa del rapporto diretto tra cittadini e Palazzo il suo fondamento.
L’instabilità del Governo Draghi
La situazione dell’Esecutivo è sotto gli occhi di tutti: il premier che aveva chiesto di essere promosso al Quirinale non è certo più forte dopo che i partiti della sua maggioranza gli hanno detto di no.
Allo stesso modo, i leader che hanno fatto e disfatto gli accordi sul Presidente della Repubblica sono stati asfaltati dai loro stessi parlamentari, e i partiti incapaci di manovrare si sono dovuti rifugiare in Mattarella, cioè l’ultima delle cose che volevano.
Tante debolezze, insomma, che unite non fanno una forza, bensì una debolezza più grande. Di sicuro un problema di fronte alle sfide in agenda: lo scostamento di bilancio, il caro-bollette, i ristori, la riforma fiscale, il catasto, il Pnrr, le riforme su Giustizia e pensioni.
In queste situazioni, in genere, la strada maestra è un chiarimento politico, magari un patto di legislatura, e se serve un rimpasto per dare sprint all’azione di governo in un anno reso ancora più complesso dall’avvicinarsi delle elezioni.
Ma di chiarimenti politici e rimpasti non si parla nemmeno, e dunque Draghi & C. andranno avanti facendo finta che i problemi non esistano. Buona fortuna!
Lo scontro fra Conte e Di Maio
Nei Cinque Stelle, invece, tutti chiedono un chiarimento su come si è arrivati a Mattarella, e non solo.
Da una delle prime uscite di Giuseppe Conte come leader politico, con la ritirata degli eletti pentastellati dalla Rai (per poi far retromarcia rapidamente), alla candidatura al Colle della direttrice del Dis, Elisabetta Belloni, bruciata prima ancora di essere data per fatta persino a Belle Grillo, con conseguente figuraccia in un post, le mosse dell’ex premier espresso dal Movimento non sono inappuntabili.
Cosa ci sia da polemizzare con la richiesta di una verifica avanzata da Di Maio è dunque un mistero, al netto delle accuse mosse dai canali più disparati contro il ministro degli Esteri (accuse tutte da dimostrare) di aver giocato sul Quirinale una partita a parte, insieme ai molti parlamentari che di lui si fidano. Parallelamente, al di là degli incarichi dati da Conte ai suoi vice, la riorganizzazione del Movimento sul territorio è inesistente, così come l’elaborazione delle nuove proposte politiche.
Discutere di questi aspetti non è perciò lesa maestà, ma il modo corretto per non avvitarsi in un conflitto sul quale c’è già chi soffia con modi inqualificabili dall’interno (gli attacchi a Di Maio “poltronista” lanciati da falsi profili social sono una vergogna) e dall’esterno, con i giornali e le tv a cui non pare vero di poter parlare e straparlare di questo nuovo scontro tra i Cinque Stelle invece che del Centrodestra finito in mille pezzi o delle faide interne alla Lega e a Forza Italia.
Un giochino dal quale solo Conte e Di Maio possono sottrarsi, rivelando le loro vere intenzioni, magari direttamente piuttosto che attraverso la sponda di amici e nemici sui giornali.
Così, ad esempio, sarà più chiaro se Conte vuole riavvicinarsi a Di Battista per andare insieme all’opposizione di Draghi e avvantaggiarsi elettoralmente in vista delle prossime elezioni, oppure restare in trincea a difendere i provvedimenti ottenuti fin qui dal Movimento.
Questioni centralissime, dunque, a cui anche un leader amato come Conte non dovrebbe sottrarsi di fronte ai dubbi di molti attivisti e cittadini, per non parlare dei portavoce in Parlamento.