Nella prima giornata in cui si vota due volte tutto finisce con un ennesimo nulla di fatto. Ma quelle vissute ieri forse sono state finora le ore a più alta tensione dell’elezione del Presidente della Repubblica. Con lo psicodramma che si è consumato nel centrodestra.
La quinta votazione a Montecitorio ha infatti “bruciato” anche la seconda carica dello Stato, la presidente del Senato Maria Elisabetta Casellati. Con il suo nome, proposto a sorpresa giovedì notte, Matteo Salvini ha tentato la spallata, come gli chiedeva di fare la sua alleata sovranista Giorgia Meloni, puntando su un candidato del solo centrodestra. Ma il tentativo è fallito.
Casellati si è fermata a 382 preferenze facendo materializzare almeno una settantina di franchi tiratori interni. Tanto basta per appiccare il fuoco nella casa del centrodestra. Al punto che Salvini decide per l’astensione nella seconda votazione.
Non ci saranno quindi altri tentativi per la seconda carica dello Stato che esce azzoppata dallo scrutinio. Mentre i leader giallorossi optano per le schede bianche. Ma poi l’ordine di scuderia non viene rispettato.
La richiesta di dimissioni della Casellati
E se c’è chi si spinge – da Alessia Morani del Pd a Rossella Muroni di FacciamoEco fino ad Alessandro Di Battista – a chiedere le dimissioni della stessa Casellati, c’è chi non nasconde la propria ira per il blitz fallito.
Furiosa la Meloni: “FdI, anche alla quinta votazione, si conferma come partito granitico e leale. Anche la Lega tiene. Non così per altri. C’è chi in questa elezione, dall’inizio – accusa la leader di FdI- ha apertamente lavorato per impedire la storica elezione di un presidente di centrodestra”.
Parole durissime che certificano la lacerazione interna al centrodestra. Chiaro che i franchi tiratori provengano anche dal partito (FI) cui appartiene la presidente del Senato e dagli altri centristi. Piovono dal centrosinistra le accuse di irresponsabilità per aver mandato al massacro la seconda carica dello Stato e oggi si ricomincia con riunioni, contatti e telefonate.
La rosa pare stringersi tra Mario Draghi e il bis di Mattarella. Non escono dai radar neanche Giuliano Amato e Pier Ferdinando Casini su cui pesa, però, per un centrodestra già sfibrato, il no di FdI mentre su Draghi c’è il no del M5S e di parte della Lega.
Elezioni Presidente della Repubblica, il messaggio per Mattarella
L’opzione per un secondo mandato di Mattarella, che ieri ha raccolto ben 336 voti, rimane un’incognita per l’indisponibilità manifestata (finora) dall’attuale Capo dello Stato a un bis.
Ma è emblematica una nota diffusa dal Pd in serata: “Per noi rimane fondamentale preservare l’unità della maggioranza di governo. Intanto invitiamo tutti a prendere atto della spinta che da due giorni e in modo trasversale in Parlamento viene a favore della riconferma del presidente Mattarella”.
E anche Matteo Renzi ritiene sempre più probabile la richiesta all’attuale presidente di un bis. Nel pomeriggio di ieri diversi elementi di novità. Prima si vedono Salvini e Draghi poi si riuniscono il leader leghista, Enrico Letta (Pd) e Giuseppe Conte (M5S).
Letta appare leggermente rinfrancato dalla ripresa del dialogo. Poi Conte auspica che la scelta ricada su una donna. Idem Salvini. I nomi sono sempre gli stessi: Elisabetta Belloni, Marta Cartabia, Paola Severino.
Ma la candidatura del capo del Dis – a cui pensano Conte con l’assist di Beppe Grillo e Salvini – ha vita breve. Le resistenze nei partiti sul suo nome non si contano: da Renzi a FI, da Leu a pezzi del Pd e dello stesso M5S. Poi la nota dei dem per il bis.