Una speranza si era affacciata qualche tempo fa nell’instabile mondo dei no vax e cioè un vaccino di vecchia generazione a proteine ricombinanti, e non a mRna come Pfizer e Moderna, che prometteva miracoli. Il Novavax, “vaccino Usa (Maryland) per no vax”, come era stato definito, si rivolge a quello strato, invero modesto, di contrari al vaccino non completamente ottusi ma che fondano la loro opposizione non su aporie ideologiche e complotti vari, ma su una normale paura da farmaco.
Insomma gente che il vaccino se lo sarebbe pure fatto se fosse stato più sicuro o almeno doveva apparire tale alla loro superficialità scientifica e poi il fatto che il 15 febbraio diventa obbligatorio il vaccino per chi lavora ed ha più di 50 anni è sicuramente un valido motivo di convincimento ulteriore. Ed in effetti il Novavax li illude quanto basta. È di vecchia ricetta e cioè presenta la proteina Spike (che il Coronavirus utilizza per agganciare i recettori cellulari ACE-2) già bella confezionata in laboratorio senza grilli per la testa come quelli di far produrre la Spike stessa alle nostre cellule modificandone temporaneamente il Dna, una cosa che suona sempre male soprattutto a chi è a digiuno di bioingegneria proteica.
Una volta che la Spike è immessa nel nostro organismo il sistema immunitario produrrà anticorpi IgG ed IgM selettivi e linfociti T e B. Inoltre, per sua stessa natura, è un vaccino che non ha bisogno di grande freddo per la sua conservazione e basta un normale frigorifero (2-8°C), come nel caso di quello dell’influenza. Nel vaccino è presente anche un adiuvante, la saponina.
IN ORDINE SPARSO. La casa produttrice del Novavax ha capito i suoi polli e si era data da fare per esaltare le qualità rassicuranti del “vaccino dal volto umano” che veniva rappresentato come una sorta di vecchio amico. Il fatto è che il miracoloso vaccino doveva arrivare in Italia già a dicembre scorso e molti riottosi avevano rimandato la vaccinazione nell’attesa del suo arrivo. Invece se ne erano perse le tracce e solo ora si comincia a riparlarne.
Intanto c’è da dire che solo la Regione Lazio, per ora, tramite il suo assessore alla Sanità Alessio D’Amato ha confermato che non solo il vaccino Novavax ci sarà, ma sarà possibile sceglierlo e sarà distribuito in 15 hub di cui ben 7 a Roma. Non così, ad esempio, la regione Lombardia che – come ha confermato Guido Bertolaso – lo distribuirà random. Le altre ragioni, invece, brancolano ancora nel buio intrappolate nella solita marmellata burocratica della Conferenza Stato-Regioni. In tutto questo non si hanno date certe, ma il Lazio ha fatto intendere che potrebbe essere disponibile nella prima decade di febbraio.
Il Novavax è stato autorizzato dall’Ema e l’Aifa l’ha autorizzato solo per le due dosi basiche (leggi l’articolo) – somministrate a 21 giorni di distanza – e non per i richiami e per i soggetti sopra i 18 anni e quindi chiaramente indirizzato a quei 6 milioni di italiani che per un motivo o per l’altro non si sono ancora vaccinati. La Commissione tecnico-scientifica dell’Aifa ha dichiarato che i dati disponibili – su 45.000 soggetti – mostrano una efficacia del 90% nel prevenire la malattia sintomatica anche nella popolazione con una età superiore ai 64 anni. C’è però da dire che gli studi fatti in Usa e UK riguardano le varianti alfa e beta – che allora erano in corso – e non la delta e la omicron che si sono presentate successivamente.