Dodici chat e almeno tre distinte richieste di intervento da veicolare ai pentastellati. Sono questi gli aspetti centrali dell’inchiesta della Procura di Milano in cui sono indagati, entrambi per traffico di influenze illecite (leggi l’articolo), Beppe Grillo e l’armatore Vincenzo Onorato (nella foto). Stando a quanto filtra dagli uffici giudiziari, gli interventi chiesti dall’imprenditore marittimo avrebbero riguardato il contenzioso civile tra Tirrenia – in amministrazione straordinaria – e il gruppo Onorato, la proroga della convenzione fra lo Stato e Compagnia Italiana di Navigazione per la continuità territoriale marittima e, in ultimo, la limitazione dei benefici fiscali alle sole navi che imbarcano equipaggi italiani e comunitari.
Ma le richieste di Onorato non si limiterebbero a questo tanto che ieri i magistrati hanno parlato di “un quadro complesso” con richieste che riguarderebbero altri aspetti, anche prettamente economici. Quel che è certo è che, allo stato attuale, l’attenzione degli inquirenti si sta concentrando sui contratti pubblicitari stipulati nel 2018 e 2019 tra l’armatore e la società del garante di M5S, per un importo totale di 240 mila euro, come anche verso quelli stipulati con la Casaleggio Associati per 600 mila euro annui per tre anni.
Compensi che, nel caso di Grillo, l’accusa ritiene elevati a fronte delle prestazioni fornite dalla Beppe Grillo srl che vengono considerate “modeste e non adeguate al corrispettivo versato”. Convinzione, questa, che deriva dal fatto che l’accordo di partnership prevedeva per 10 mila euro mensili “inserimenti pubblicitari”, sotto forma di banner, sul blog del comico “non piu’ di 2 volte al mese” e la pubblicazione di “contenuti redazionali”, come interviste a testimonial o articoli “sino ad un massimo di 1 al mese” e con un limite di estensione di “2000 vocaboli”.
CRESCENTE OTTIMISMO. Al momento l’unica certezza è che la corrispondenza tra Onorato e Grillo, i quali vantano un’amicizia di lungo corso, agli atti dell’inchiesta fa riferimento al febbraio 2018, ossia un mese prima del contratto tra Moby e la Beppe Grillo srl. Aspetto, questo, che ha insospettito non poco i magistrati al punto da far ipotizzare una “mediazione illecita” di Grillo per favorire l’armatore. Ma è proprio sul nodo dei presunti aiuti all’azienda che la tesi accusatoria sembra scricchiolare. Proprio in relazione alla questione del rinnovo della licenza fra lo Stato e Compagnia Italiana di Navigazione per la continuità territoriale marittima, il quale prevedeva il versamento di 72 milioni di euro per garantire una serie di rotte dal continente verso Sardegna, Sicilia e isole Tremiti anche in bassa stagione, la persona sollecitata sarebbe stata Toninelli.
Peccato che l’ex ministro, che da giorni nega di aver ricevuto pressioni e che non è indagato, all’epoca dei fatti si oppose con forza, convinto della necessità di indire una gara. Così nell’attesa che l’inchiesta faccia il suo corso, dal Movimento filtra un crescente ottimismo tanto che il leader Giuseppe Conte ha manifestato “vicinanza a Grillo perché ho visto che molti giornali hanno enfatizzato la notizia di questa indagine” e si è detto “assolutamente fiducioso che le verifiche dimostreranno le piena legittimità del suo operato”.