Il Covid tiene banco anche nella settimana decisiva per la scelta del prossimo Presidente della Repubblica. Tra regioni che cambiano colore – come la Valle d’Aosta che è passata in arancione ed ora teme il rosso – e altre che chiedono una revisione dei parametri – in testa la Lombardia con il governatore Attilio Fontana (nella foto) – continua la crescita dei contagi che evidenzia nuove criticità negli ospedali.
Nello specifico si tratta dei pazienti che devono essere operati, ad esempio per un tumore o anche una frattura, ma che risultano positivi al Covid all’ingresso in reparto. Cosa fare? In molti i casi i medici sono costretti a “non operare pazienti che avrebbero necessità di interventi chirurgici di una certa importanza e necessità, ad esempio i pazienti oncologici. Una popolazione, sempre più numerosa, di pazienti vaccinati, spesso con tre dosi, asintomatici e che risultano positivi al tampone eseguito al momento del pre-ricovero”, spiega Roberto Balagna, responsabile Medicina critica dell’emergenza della Società Scientifica Italiana degli Anestesisti Rianimatori e Terapisti del Dolore (Siaarti).
I positivi asintomatici sono, dunque, parte della nuova emergenza a cui sta facendo fronte il sistema sanitario italiano. In molte Regioni, spiega in una nota Angelo Gratarola, responsabile anestesia e medicina perioperatoria della Siaarti, “si rischia l’arancione territoriale per pazienti ricoverati non a causa del Covid, ma per le sole positività incidentali scoperte al Pronto soccorso”.
“E’ una popolazione in crescita esponenziale, per la quale servono protocolli e spazi dedicati che oggi non sono codificati, col risultato che ogni azienda si organizza come meglio crede: in alcuni casi vengono operati, in altri ci sono dilazioni pericolose, mentre si occupano posti in reparto destinati al Covid critico. Servono indicazioni per evitare il caos“, spiega Antonio Giarratano, presidente della Società Italiana di Anestesia Analgesia Rianimazione e Terapia Intensiva (Siaarti).
Quello che si chiede, in poche parole, è un protocollo chiaro da seguire per questi casi che sono sempre di più. “Il Ministero dovrebbe offrire indicazioni e linee operative per poter sottoporre ad intervento chirurgico pazienti semplicemente positivi al virus”, spiega ancora Gratarola. In mancanza di indicazioni ben definite a livello nazionale e regionale, la gestione clinico, logistico ed organizzativa di questi percorsi sta diventando, avverte Siaarti “sempre più critica“. “Se non si troveranno presto soluzioni, rivedendo le attuali procedure presto l’intero sistema chirurgico sarà nel caos“.
L’ATTACCO DEI GOVERNATORI. Per questo aumenta il numero di governatori, ma anche membri del governo e scienziati, che chiedono una revisione dei criteri con i quali vengono comunicati i dati riguardanti il coronavirus e delle norme da adottare in caso di positività o di contatti stretti. Nello specifico agli appelli dei giorni scorsi, ai quali si sono aggiunte anche le parole del sottosegretario alla Salute, Pierpaolo Sileri, sono seguite le dichiarazioni del ministro Roberto Speranza che ha annunciato un tavolo con le Regioni per analizzare tutte le richieste e valutare eventuali cambiamenti da apportare.
Intanto lo schieramento dei governatori che chiede le modifiche diventa sempre più corposo. Stefano Bonaccini, governatore emiliano, dopo aver introdotto l’autotesting per uscire dalla quarantena vuole che si abbandoni il sistema a colori, mentre Giovanni Toti, dalla Liguria, sostiene che ora ci si debba concentrare sui malati sintomatici. Sull’argomento è intervenuto anche il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa: “il bollettino nelle prossime settimane è destinato a cambiare“ ha annunciato. Tra le novità, potrebbe quindi esserci anche una modifica all’aggiornamento quotidiano su contagi, ricoveri e decessi: uno strumento fondamentale per poter tempestivamente analizzare l’evolversi della pandemia.
Proprio Costa su Skytg24 ha detto: “Credo si tratti più di una scelta politica che di una scelta scientifica. Non si tratta di censurare nulla, – ha spiegato Costa – ma di elaborare dati che possono avere un’efficacia nei confronti dell’opinione pubblica e fare una comunicazione che non dia fiato a coloro che ancora sostengono che il vaccino non sia utile. Se ogni giorno continuiamo a comunicare, in maniera generica, che si contagiano 150.000 cittadini, il rischio è che diamo voce a chi dice che i vaccini non servono perché ci si contagia lo stesso”.