Il deposito unico nazionale dei rifiuti radioattivi va fatto e va fatto in fretta. Questo in estrema sintesi il messaggio lanciato ieri dalla Commissione parlamentare ecomafie, che ha votato all’unanimità una specifica relazione (qui il documento). Del resto lo smantellamento delle vecchie centrali nucleari sta costando tantissimo agli italiani e senza un sito per le scorie costerà sempre di più. “Ogni anno in media si pagano nella bolletta elettrica 300 milioni di euro per finanziare le dismissioni e per gestire i rifiuti radioattivi, compresi quelli a bassa radioattività derivanti dalle attività mediche e di ricerca”, ha specificato il presidente della Commissione, il pentastellato Stefano Vignaroli (nella foto).
IL RAPPORTO. Per Vignaroli, ogni ritardo nella costruzione del deposito aggiunge ritardi nelle attività di dismissione delle vecchie centrali nucleari, affidata alla Sogin, con “un correlato” dei costi complessivi nella gestione dei rifiuti radioattivi. Nella Relazione sulle procedure per la localizzazione del sito è stato quindi specificato che si tratta di una struttura destinata allo smaltimento a titolo definitivo dei rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari, oltre che all’immagazzinamento, a titolo provvisorio di lunga durata, dei rifiuti ad alta attività e del combustibile irraggiato provenienti dalla pregressa gestione di impianti nucleari.
“Nel 2036 – ha aggiunto Vignaroli – arriveremo ad aver speso complessivamente circa 8 miliardi di euro”. Nella relazione approvata la Commissione ha specificato di ritenere necessario portare a termine quanto prima possibile il processo di acquisizione di risorse dall’Ispettorato Nazionale per la Sicurezza Nucleare e la Radioprotezione, fornendo le necessarie rassicurazioni anche sulla effettiva indipendenza e sugli adeguati finanziamenti dell’Isin agli organi della Commissione europea che hanno sollevato specifiche richieste in tal senso.
Opportuno poi fornire indicazioni più precise sulle modalità di autorizzazione delle fasi di costruzione ed esercizio del deposito e programmare la pubblicazione del decreto attuativo relativo alla disciplina delle procedure autorizzative per la chiusura dell’impianto di smaltimento. Utile quindi pianificare quanto prima le attività di ricerca da attuare, seguire attentamente l’evoluzione degli accordi internazionali per la sistemazione della media e dell’alta attività, e caratterizzare e quantificare quanto prima i rifiuti radioattivi provenienti da attività di bonifica e quelli derivanti dalle attività della Difesa.
L’organismo presieduto da Vignaroli sottolinea però che tutti gli aspetti evidenziati “richiedono un’attenta gestione e disponibilità di risorse finanziarie, che possono costituire un onere tanto più rilevante quanto più le attività di realizzazione del deposito subiranno rinvii”. L’invito è dunque a evitare tentennamenti. Più chiaramente: “Si auspica che tutte le iniziative relative alla realizzazione del Deposito nazionale, a qualunque livello, si inseriscano efficacemente nel processo in corso, facendo salva ogni legittima esigenza, ma evitando di generare situazioni di incertezza tali da provocare indebiti allungamenti dei tempi di realizzazione di un’opera che un’accurata pianificazione in materia di rifiuti radioattivi avrebbe già dovuto rendere disponibile”. Viene intanto ritenuto tra l’altro opportuno assicurare adeguati margini rispetto alle capacità di stoccaggio temporaneo, in attesa della realizzazione del deposito nazionale.