di Franco Rossi
Aaron Alexis, l’autore della strage al Navy Yard di Washington, aveva con sè un fucile da caccia che aveva acquistato legalmente in Virginia, e potrebbe aver avuto anche una pistola. Gli agenti dell’Fbi e di varie agenzie federali sono impegnate a far luce su come un uomo che aveva disturbi mentali e che aveva avuto problemi con la giustizia, sia potuto entrare nel quartier generale della Marina, armato, per massacrare 12 persone e ingaggiare un lungo e violento scontro fuoco con la polizia, che lo ha infine ucciso. “E’ davvero difficile credere che qualcuno con dei dati cosi’ controversi come quelli di quest’uomo possa plausibilmente ottenere l’autorizzazione’’ per entrare in un’installazione militare come il Navy Yard, ha affermato il sindaco di Washington, Vincent Gray; che ha fugato anche gli ultimi dubbi sulla possibilita’ che il killer avesse uno o piu’ complici. Ha agito da solo, ha confermato. Ma in effetti anche se non c’è stato alcun complotto, il passato di Aaron Alexis, 34 anni, afroamericano, avrebbe dovuto far suonare comunque molti campanelli d’allarme. Intanto ieri alla ripresa dei lavori a Capitol Hill la Camera dei Rappresentanti ha osservato un minuto di silenzio in memoria delle ultime vittime. “Siamo di fronte all’ennesimo massacro”, ha detto il presidente Barack Obama senza peraltro rinnovare l’appello per nuove leggi in Congresso. Ci ha pensato la senatrice Dianne Feinstein che a dicembre aveva guidato la carica parlamentare per disarmare l’America: “Quando ne avremo avuto abbastanza? Capitol Hill deve fermare il massacro e rilanciare il dibattito sulla violenza in questo Paese. Dobbiamo far di più per fermare questa insensatezza”. Parole forti, ma è certo che quest’ultima tragedia avvenuta all’ombra di Capitol Hill resusciterà l’iter di nuove leggi per contenere e prevenire nuove stragi. E non basta che il numero uno del Pentagono, Chuck Hagel, abbia ordinato la revisione delle misure di sicurezza in tutte le basi militari americane sparse per il mondo.