Negli ultimi giorni se ne sono sentite di tutti i colori: “il M5S si prepara a scomparire”, “il Movimento cinque stelle è in picchiata”, “Giuseppe Conte non è un vero leader”, “Giuseppe Conte è già politicamente morto”. Al di là delle frasi di circostanza per girare il coltello nella piaga, c’è da riconoscere che i sondaggi ultimamente non sorridono ai pentastellati. L’ultimo colpo è arrivato da Swg che certificherebbe una perdita di consensi di quasi un punto percentuale in una sola settimana. Ma non solo. La prima forza del Parlamento, che nel 2018 prese il 33%, ora scende sotto la soglia psicologica del 15%
LENTO PEDE. Un dato che ovviamente va preso per quello che è (un sondaggio, con tutti i limiti del caso), ma che inevitabilmente – secondo quanto il nostro giornale è in grado di raccontare – ha creato scompiglio all’interno dei gruppi parlamentari. “È il minimo storico per il Movimento”, mormora più di qualcuno nei corridoi tra Palazzo Madama e Montecitorio. Ciò che manca in molti casi, però, è la lucidità di analisi, come spiega un senatore M5S.
“Non possiamo negarlo – spiega – Sicuramente tra noi c’è qualcuno che è interessato a una rielezione e dunque è preoccupato dalla potenziale perdita di consensi. Però non possiamo non ricordare che questo è un periodo di grandi cambiamenti per il Movimento”. Ed è un punto, questo, su cui tutti sono concordi. Ciò che semmai si critica a Giuseppe Conte è la lentezza di alcune decisioni e di alcuni passaggi determinanti per la rivoluzione pentastellata.
“Quasi cinque mesi per nominare presidente e vicepresidenti è un po’ tanto…”, lamenta qualcuno. Adesso, però, si è partiti, la road map è tracciata e per primo Conte non vuole fare passi indietro. “Si viaggerà – spiegano fonti pentastellate – sue due binari fondamentali: da una parte vogliamo incidere ancora di più sull’azione di governo con azioni chiare, forti, decise”. Un esempio eclatante è stata la durissima presa di posizione di Conte dopo le nomine del Cda della Rai (leggi l’articolo). Seguiranno altre battaglie di questo tipo che restituiscano al M5S un carattere identitario che negli ultimi anni è andato perduto.
TERRITORIO PRIMA DI TUTTO. Ma il vero “effetto Conte” – si augurano attivisti e simpatizzanti – deve vedersi e mostrarsi soprattutto sul territorio. L’ex presidente del Consiglio, d’altronde, è stato chiaro sul punto: il Movimento deve riacquistare il suo peso specifico nelle piazze, nei meet-up, tra le persone. Finora, al di là dei pienoni di Conte in giro per l’Italia durante l’ultima campagna elettorale, poco si è visto. Il difficile sarà dare una struttura organizzativa al M5S anche a livello locale, senza cadere nella contraddizione di un’impostazione partitica che farebbe cadere ulteriori tabu al Movimento d’origine.
E qui si arriva a un altro tema altrettanto importante: quello di incassare fondi per avere i mezzi necessari al cambio di passo. La strategia attendista, secondo molti, dipenderebbe anche da tutto questo. Ed ecco perché il Conte avrebbe pensato alla possibilità di accedere al due per mille: in assenza di restituzioni di stipendi (su cui ancora non è ben chiaro quale sia l’andazzo dei singoli parlamentari), c’è necessità di capire come far entrare fondi nel modo più trasparente possibile. Al di là del “vil denaro”, però, ciò che conta è che il dado è stato tratto. Ora si attendono solo i risultati. E la risalita nei sondaggi.