“Cingolani ha sponsorizzato l’utilizzo del nucleare in sede di tassonomia europea non solo senza alcun mandato parlamentare ma soprattutto in barba a ben due referendum” e per questo “vorrei sapere a che titolo e per conto di chi lo ha fatto”. È questa una delle tante domande rivolte al ministro Roberto Cingolani, durante l’audizione in Parlamento sul tema del caro bollette e delle politiche energetiche, a cui non è stato possibile rispondere per via del poco tempo a disposizione in Aula. Chiarimenti che dovranno necessariamente arrivare, come sa bene lo stesso ministro per la Transizione energetica che ha già comunicato di voler tenere una seconda audizione proprio per rispondere alle tante domande.
DOMANDE SENZA RISPOSTA. Nel suo intervento, Cingolani ha parlato del caro bollette spiegando, però, che al momento “non è chiaro se l’aumento del prezzo del gas” potrà “rientrare con l’apertura del North Stream 2 (un gasdotto, ndr)” e, anzi, il timore è che “questo aumento possa andare avanti fino al 2023”. Pur assicurando che per l’Italia non ci sono rischi in vista dell’inverno, in quanto “la situazione degli stoccaggi di gas è tra l’85% e il 90%” ossia ben oltre i valori degli altri partner europei, il ministro ha detto di stare “verificando come aumentare la quota di produzione nazionale” del gas “per ridurre l’importazione, ovviamente a parità di fabbisogno, quindi senza rallentare il percorso di transizione”.
Il tutto, assicura Cingolani, senza effettuare nuove trivellazioni. Parole che di certo non hanno convinto il deputato di Alternativa, Giovanni Vianello, il quale ha incalzato il ministro facendogli notare che questa dichiarazione oltre a essere “una inesattezza, rivela anche una contraddizione”. “In primis l’aumento dell’estrazione italiane di gas sarebbe talmente marginale da non incidere sui costi delle bollette poiché l’ambito di riferimento di tale dinamica non è solo il mercato italiano, ma quello europeo nel suo complesso” spiega Vianello che poi affonda il colpo aggiungendo: “In secundis se è vero che non c’è bisogno di nuove trivelle perché non ha voluto prorogare la moratoria verso i procedimenti futuri?”.
Ed è proprio a questo punto che il deputato di Alternativa ha chiesto conto al ministro della posizioni espresse in sede europea sul nucleare. Ma non è finita qui. Vianello ha fatto notare anche la contraddizione tra quello che dovrebbe fare il ministro della transizione ecologica e ciò che, invece, sta facendo perché “è sconcertante che Cingolani non abbia ancora proposto misure per potenziare e rendere strutturali gli interventi di riqualificazione energetica degli edifici che sono gli unici che possono concretamente abbassare le bollette elettriche dei cittadini e delle piccole imprese”.
Che l’audizione sia stata un mezzo flop, non lo pensa solo Vianello. Anzi sono in molti a pensarlo, a partire dal deputato di Fratelli d’Italia e componete della commissione Attività produttive della Camera, Massimiliano De Toma, secondo cui “si è rivelata un’inutile perdita di tempo l’audizione in commissione Attività produttive” di Cingolani con quest’ultimo che “rifugiandosi dietro a presunti problemi di tempo”, “non ha risposto ad una sola delle nostre domande sulla transizione ecologica, sul caro bollette e sul futuro dell’ex Ilva di Taranto”. Peccato che l’audizione, insiste De Toma, “dovrebbe essere un momento di confronto e chiarimento tra Parlamento e ministero ma è stata ridotta a un inutile e vago monologo che in nessun modo chiarisce i dubbi di milioni di italiani”.