Ancora una volta è Roberto Fico a porre la questione. “La legge di Bilancio arriverà in un tempo in cui la Camera non potrà fare probabilmente emendamenti per farla tornare al Senato. è un problema strutturale, credo nel bicameralismo, che non va affrontato solo da Camera e Senato ma nel suo insieme, col Governo”, ha spiegato il presidente della Camera. Che tradotto significa che, anche con il Governo dei Migliori, quest’anno il Parlamento non potrà assolvere al suo compito che, per quanto riguarda la Manovra (leggi l’articolo – qui la sintesi), è esaminare e controllare le decisioni di spesa del Governo. O meglio il compito, spetterà solo, per quanto gli sarà possibile, al Senato. La Camera di fatto non toccherà palla. Si limiterà a ratificare quanto il Governo deciderà di fare approvare a Palazzo Madama.
CONGESTIONE. La Manovra avrebbe dovuto essere trasmessa alle Camere entro il 20 ottobre. Ma i ritardi, con la riscrittura del testo, si sono accumulati. E il testo è arrivato al Senato solo un mese dopo. Ora approderà nell’Aula del Senato il prossimo martedì. L’Assemblea esaminerà il Rendiconto di Bilancio interno e poi si terrà la discussione generale. Mercoledì le repliche del Governo, poi i voti sulle tabelle e a seguire tutte le successive fasi. Che dovrebbero comportare l’arrivo del maxi-emendamento del Governo con la fiducia che dovrebbe essere votato nella stessa giornata o la mattina successiva.
La Manovra arriverà nell’aula di Montecitorio solo per il timbro definitivo, a scatola chiusa e in spregio al dibattito parlamentare, tra il 27 e il 30 dicembre, a un passo dall’esercizio provvisorio. Per quanto riguarda i contenuti, il maxiemendamento del Governo dovrà in teoria ripercorrere la traccia del testo che uscirà tra sabato e lunedì dalla Commissione Bilancio del Senato (le votazioni dovrebbero entrare nel vivo in questo fine settimana). Anche perché sono attesi per oggi gli emendamenti dell’Esecutivo sul fisco e le bollette.
Su quest’ultimo fronte il Consiglio dei ministri ha confermato lo stanziamento di 3,8 miliardi. per far fronte al rincaro delle bollette di luce e gas nel primo trimestre 2022. Di questi fondi 1,8 miliardi annullano gli oneri generali di sistema per le utenze fino a 16kwh, 600 milioni servono ad abbassare l’aliquota Iva per il gas al 5%. Con mezzo miliardo si tagliano gli oneri sul gas. Per le famiglie svantaggiate gli aumenti sono annullati con 900 milioni. Mentre per le imprese si pensa a rateizzare le bollette.
COMUNI IN DISSESTO. L’esecutivo interverrà anche sulla scuola, con altri 200 milioni o poco meno, destinati all’organico del personale Ata, al supporto psicologico e all’adeguamento degli stipendi degli insegnanti. Un altro emendamento è per le città metropolitane in pre-dissesto: Napoli, Palermo, Torino, Reggio Calabria, ma anche Catania e Messina. La norma, in sintesi, prevede un contributo straordinario pluriennale dallo Stato, in cambio di impegni su fiscalità, riscossione, patrimonio e personale. È in arrivo anche un emendamento per stabilizzare i magistrati onorari.
Saranno risolte, probabilmente, con riformulazioni parlamentari, invece altre questioni come la proroga delle esenzioni Tosap/Cosap, l’apprendistato, l’Ape social (a partire da un abbassamento dell’età contributiva per gli edili ma che dovrebbe riguardare anche altre categorie come i ceramisti). E l’aggiustamento sul Superbonus. Ma il confronto tra le forze politiche si annuncia movimentato. Tanto che ieri si è deciso di proseguire, in alternativa alle sedute della Commissione che sono state sconvocate, le riunioni-fiume di Governo e relatori con i partiti.
E se FdI attende le risposte ai temi posti nei suoi emendamenti e minaccia l’ostruzionismo la maggioranza non se la passa meglio. Vedi il fronte aperto sulle cartelle. Forza Italia ha legato il suo via libera alla Manovra a una dilazione dei pagamenti delle prossime cartelle in arrivo, quelle notificate a partire dal prossimo gennaio 2022, e su questo punto avrebbe avuto rassicurazioni da parte del Governo.
Ma il Pd non ci sta. “C’è un accordo complessivo sugli 8 miliardi per il taglio delle tasse, e prevede che le cartelle non si tocchino. È stata anche respinta la proposta del premier Draghi, che al Pd andava bene, sulla trattenuta Irpef sopra i 75mila euro. Se quell’accordo verrà riaperto, verrà riaperto su tutto”, ha minacciato il dem Alan Ferrari.