Che sui soldi del Recovery fund (qui il Pnrr) sia alta l’attenzione dei clan, è cosa nota. Proprio per questo, alla vigilia della pioggia da 200 miliardi per la ripartenza post pandemia e l’avvio degli appalti per utilizzarli, “s’intensifica il rischio di corruzione e di infiltrazioni criminose”.
A lanciare l’allarme è il presidente dell’Autorità anticorruzione, Giuseppe Busia, che da Dubai dove si è tenuta la Giornata Internazionale contro la Corruzione ha fatto notare come proprio per questo motivo “non è il momento di smobilitare la lotta alla corruzione e l’azione di prevenzione, attraverso la digitalizzazione e l’incrocio di dati, su cui Anac sta puntando con forza”. Secondo quanto raccontato all’Ansa dal presidente dell’Anac, l’Italia “è osservata speciale e dopo i progressi fatti negli ultimi anni”, in particolare dal 2012 anno della legge Severino, “l’attenzione non può calare”.
SERVE UNA RIFORMA. Nel tempo, infatti, è stato introdotto il controllo preventivo dell’Anac, il diritto all’accesso agli atti che ha reso trasparente la Pubblica Amministrazione, la disciplina a tutela dei whistleblower e la trasparenza nei finanziamenti alla politica. Ma soprattutto con la legge anticorruzione del 2019 sono state inasprite le pene previste per alcuni reati. Progressi evidenti che, però, negli ultimi mesi si sono arenati. Secondo quanto raccontato da Busia, “a distanza di dieci anni dalla legge 190/2012, è necessario rivedere la normativa anticorruzione tenendo conto delle criticità emerse nel decennio, che vanno eliminate o comunque migliorate, rendendo più facilmente applicabili le misure di prevenzione della corruzione varate dalla legge Severino.
Va, inoltre, considerata la giurisprudenza amministrativa sopravvenuta”. Busia, il quale in passato ha più volte lamentato tentativi di indebolire l’Anac quando invece bisognerebbe potenziarla, ha spiegato che sulla Severino “servirebbe una riforma, ma se questa non è pronta, forse varrebbe la pena approvare almeno il decreto di aggiornamento della disciplina anticorruzione”. Nulla di complicato perché, conclude, “esiste già un lavoro ben fatto presso la Funzione Pubblica, a cui ha contributo Anac insieme al governo, al garante della Privacy” dando vita a un testo che “rappresenta una buona sintesi” e che “non stravolge la lotta alla corruzione” portata avanti negli anni dall’Anac.