Sul nucleare Cingolani non si arrende. Il ministro della transizione ecologica, fortemente voluto dal Movimento 5 Stelle per imprimere una forte svolta green alle politiche italiane, continua a insistere sull’atomo nonostante il referendum che ha bocciato quel tipo di energia.
Nonostante le forti critiche degli ambientalisti e nonostante gli stessi 5S appaiano sempre più insoddisfatti della linea del dicastero, Roberto Cingolani ieri, intervenendo davanti alle Commissione ambiente di Camera e Senato, ha insistito sull’ipotesi nucleare facendo slittare però eventuali progetti al 2030.
“Io non ho mai detto mettiamo una centrale nucleare contro il referendum. Non l’ho mai detto per due motivi. Il primo – ha sostenuto – è che oggi non si può fare, non ci sono i reattori modulari e quelli a fusione, e io non farei un reattore di prima o seconda generazione. Secondo motivo, ci sono i referendum. Ma i referendum hanno vietato tecnologie di trent’anni e dieci anni fa. Se ci sono nuove tecnologie, e ci dovessero dire che sono buone, potrebbe valere la pena di farsi qualche domanda?”.
Il ministro ha quindi precisato che fino al 2030 la strategia è 72% di energia rinnovabili e non è negoziabile, ma dopo per lui sul nucleare si può riflettere. “Un paese che vale 1.800 terawattora all’anno – ha dichiarato – e che continuerà a crescere, un migliaio di terawattora in più li dovrà fare. A tecnologia attuale, li potresti fare solo col solare e l’eolico. Ma probabilmente, fra un po’ potrebbe esserci qualcos’altro”. Ancora: “Un Paese colto, che è una potenza economica, deve studiare tutto”.