Dopo essersi fatto carico delle richieste dei sindacati – lanciare un segnale verso le fasce più deboli che praticamente non ricaveranno alcun beneficio dal taglio delle tasse – si era presentato di buon mattino con una proposta nuova di zecca nella cabina di regia riunita a Palazzo Chigi prima del Consiglio dei ministri chiamato a convalidare l’accordo sul capitolo fiscale. Ma il premier ci ha dovuto rinunciare.
La proposta di Mario Draghi per un contributo di solidarietà straordinario da far pagare a chi guadagna più di 75 mila euro – ovvero sospendere per un anno per quella fascia l’entrata a regime del taglio dell’Irpef – per fronteggiare il caro bollette ha prima incontrato l’ostilità dei capidelegazione e dei responsabili economici di alcuni partiti in cabina di regia e poi è stata definitivamente bocciata nel Consiglio dei ministri successivo.
Lo schieramento a favore del contributo di solidarietà contava il Pd e Leu, quello contrario le destre e i renziani. Nel mezzo il M5S. Parte dei 5S erano disponibili a considerare la proposta. Il taglio Irpef previsto dal governo in Manovra sarebbe di 247 euro per i redditi oltre i 75mila euro, per un costo totale che si aggirerebbe tra i 250 e i 270 milioni di euro. Ma alla fine quelle risorse necessarie a irrobustire lo stanziamento contro il caro-bollette – viene deciso durante una pausa del Cdm – verranno trovate altrove. Una decisione che scatena l’esultanza di Forza Italia, Lega e Italia viva.
SOLITO COPIONE. Con gli azzurri felici di aver fatto saltare quel che a tutti gli effetti veniva considerata una patrimoniale, sebbene il contributo di Draghi non comportasse alcun prelievo ma il congelamento di un risparmio fiscale peraltro di pochi euro l’anno. Entusiasta anche il partito di Matteo Salvini che torna all’assalto del Reddito di cittadinanza, annunciando che in Manovra chiederà di recuperare ulteriori risorse dal sussidio caro ai pentastellati. Soddisfatti anche i renziani: “Qualsiasi ipotesi che preveda un prelievo aggiuntivo non andrebbe nella direzione che lo stesso premier Draghi ha più volte ribadito e in cui ci riconosciamo pienamente: non è il momento di prendere i soldi ai cittadini, ma di darli”, dichiara Italia viva in una nota.
Uno stop quello dei renziani che il Pd fatica a capire: “Da parte della destra questo tipo di atteggiamento era in qualche misura prevedibile, ma da parte di Italia Viva è stata una scelta incomprensibile, uno stop a Draghi che li allontana dal campo riformista. La proposta era un semplice rinvio dello sgravio per una parte dei contribuenti, senza mettere in discussione l’impianto della riforma”, dice il dem Antonio Misiani. Ricapitolando: il Consiglio dei ministri conferma l’impianto raggiunto in maggioranza nei giorni scorsi su come distribuire gli otto miliardi destinati al taglio delle tasse: 7 andranno alla riduzione dell’Irpef e uno a quella dell’Irap. E conferma pure lo schema proposto ai sindacati per andare incontro alle loro richieste di fare di più per le fasce più deboli.
Il tesoretto della riforma di Irpef e Irap per il 2022 – ovvero due miliardi – verrà così distribuito: 1,5 miliardi andranno al taglio del cuneo fiscale per i lavoratori sotto i 35mila euro, 500 milioni al taglio delle bollette a cui si aggiungeranno, appunto, altri 300 milioni da altri fondi reperiti in bilancio e non utilizzati appieno. In tutto quindi per il primo trimestre del prossimo anno per calmierare i prezzi di luce e gas, se si considerano i due miliardi già precedentemente stanziati, ci sarà un intervento complessivo da 2,8 miliardi.