Dopo veleni e scandali, sembra che la magistratura italiana sia davvero pronta a voltare pagina. Questo almeno è quanto emerge dalle elezioni dell’Associazione nazionale magistrati (Anm) dove, nel distretto della Corte d’Appello di Palermo, ha trionfato Articolo 101. Si tratta del gruppo nato dopo il caso degli incontri carbonari orditi dall’ex pubblico ministero Luca Palamara (leggi gli articoli sul caso) e in aperta polemica con il sistema delle correnti delle toghe che da sempre dominano la scena.
A scegliere Articolo 101 sono stati ben 103 toghe sulle 323 che hanno partecipato alle elezioni, ossia un magistrato su tre. Sono 101 i voti andati a Magistratura indipendente, il gruppo di destra che aveva trionfato alle precedenti elezioni, 98 ad Area, il gruppo progressista, e 21 a Unicost, l’ex gruppo di Palamara. Per effetto di questi numeri, sono stati eletti due membri di Articolo 101 su sette della giunta distrettuale. Si tratta di Clelia Maltese, giudice per l’indagine preliminare del Tribunale di Palermo con 63 preferenze, e Massimo Corleo, giudice penale del Tribunale di Trapani che ha strappato 49 voti.
Contrariamente a quanto sostengono i leader delle varie correnti, i quali hanno provato a sminuire l’accaduto, si tratta di un risultato davvero clamoroso e che potrebbe portare a una vera e propria rivoluzione nella magistratura. Del resto non si può negare che le cose stiano così perché nessuno avrebbe scommesso su un’affermazione di Articolo 101 sia perché è un gruppo nato da poco e sia perché è portatore di proposte innovative e in netta antitesi con quelle portate avanti dai gruppi tradizionali che, da sempre, decidono la politica della magistratura.
Capisaldi del progetto politico di Articolo 101, il cui nome rimanda alla norma costituzionale per cui “la giustizia è amministrata in nome del popolo”, sono infatti il sorteggio dei candidati al Consiglio superiore della magistratura e l’incandidabilità, per un congruo numero anni, di chi ha ricoperto cariche nell’Anm o nelle correnti. Proprio il tema del sorteggio ponderato a cui si richiama il gruppo, viene osteggiato dagli altri gruppi ad eccezione di Magistratura indipendente che continua a lasciare aperto uno spiraglio. Un sistema che non piace né al presidente dell’Anm, Giuseppe Santalucia, né alla ministra della Giustizia, Marta Cartabia.
PUNTI DI VISTA DIFFERENTI. Quel che è certo è che il risultato elettorale, da molti a dir poco inatteso, ha scombussolato le correnti tradizionali. Lo sa bene Andrea Reale, giudice a Ragusa e rappresentante di Articolo 101 al Comitato direttivo centrale dell’Anm, secondo cui “dalla Sicilia, e da Palermo in particolare, con il suo storico carico simbolico in termini di sacrificio in nome della legalità, arriva uno scossone capace di smuovere le coscienze dei magistrati iscritti all’Anm al fine di iniziare concretamente quella rigenerazione etica di cui si sente fortemente il bisogno”.
Secondo lui “è arrivato il momento di restituire dignità e senso all’associazionismo giudiziario”, “separando nettamente l’Anm dall’autogoverno” come chiede Articolo 101. Chi, invece, prova a ridimensionare quanto accaduto è Eugenio Albamonte, pm e segretario del gruppo di Area, “il fatto che siano riusciti a presentare una lista solo a Palermo mi dà l’idea che per il momento è un gruppo che vive prevalentemente dell’impegno profuso da alcuni leader che sono rappresentati in Anm nazionale, e che riscuotono un consenso sulla base dell’affidamento che queste persone ottengono negli ambienti in cui operano più direttamente.