Ha detto bene ieri la 5S Maria Edera Spadoni: “In Aula questa settimana si discute della proposta di legge sulla rappresentanza di interessi. Finalmente il Parlamento italiano ha la grandissima occasione di approvare una legge sulle lobby; è fondamentale non sprecare questa opportunità e approvare quanto prima una legge che da troppi anni aspetta il nostro Paese. Mi appello dunque al buon senso di tutte le forze politiche”.
Buon senso che tuttavia sembra mancare perché nel frattempo la maggioranza già si è spaccata in commissione Affari costituzionali (leggi l’articolo) su una delle norme più delicate della proposta che prevede una maggiore trasparenza sull’attività lobbistica e, soprattutto, una maggiore regolamentarazione. Nell’agosto scorso la commissione ha adottato un testo base preparato dalla relatrice Vittoria Baldino (nella foto) dei 5 stelle. Quel provvedimento, tra le altre cose, prevede la nascita di un registro dei portatori d’interesse al quale i lobbisti che hanno rapporti con la pubblica amministrazione saranno obbligati a iscriversi.
La norma, inoltre, prevede un periodo di cooling-off, un periodo di “raffredamento” che separa l’incarico pubblico da quello privato: nei tre anni successivi alla fine del mandato i decisori pubblici non si sarebbero potuti iscrivere al registro dei portatori d’interessi. Un dettaglio che ha visto l’opposizione esplicita di tutto il centrodestra e di Italia viva. Dopo una serie di riunioni, dunque, la scorsa settimana Baldino aveva proposto una riformulazione su cui il governo aveva dato parere positivo.
Si tratta di una modifica che nei fatti annacqua la norma: il divieto d’iscrizione al Registro dei portatori d’interesse viene abbassato a un solo anno per i membri del Governo nazionale e regionale, mentre non esiste per i parlamentari e tutti gli altri soggetti che non possono condurre attività di lobbying solo durante il mandato parlamentare. Nonostante tutto, però, Italia viva ha deciso come detto di votare contro questa norma insieme a Forza Italia.
Un atteggiamento pericoloso innanzitutto perché, come si vocifera nei corridoi di Montecitorio, ricorda molto la strategia adottata anche col ddl Zan. Il rischio, insomma, è che sottostraccia si stia cercando di sabotare una legge fondamentale in un periodo peraltro molto delicato come quello del Recovery Fund. Le cosiddette “revolving doors” infatti continuano ad essere una delle più deleterie pratiche che possono minare la trasparenza, l’integrità e l’equità delle istituzioni. Un fenomeno sfuggente, quasi sempre legale, spesso sottovalutato o ignorato dall’opinione pubblica nonostante sia causa di enormi conflitti d’interesse.