di Alessandra Fassari
Ecco perché nessuno vede la ripresa di cui parlano Letta e il ministro dell’economia Saccomanni. Se c’è davvero è talmente minuscola da non sentirsi neppure. Parola del numero uno della Banca Centrale Europea Mario Draghi, che ieri ha spiegato come vedono le cose da Francoforte, sede della Bce e cuore di una moneta unica sempre più chiaramente corresponsabile della recessione di cui ha sofferto fin ora mezza Europa. “La ripresa è ancora agli inizi. L’economia rimane fragile”, ha detto Draghi, intervenendo a un convegno a Berlino.
I piani della Bce
Una crescita minuscola, appena lo 0,3% facendo la media della zona euro nel secondo trimestre. Come svuotare la Costa Concordia con un cucchiaino. Una ripresa in fase embrionale che la Bce sosterrà mantenendo i tassi di interesse sui livelli attuali o inferiori per un periodo prolungato, anche perché la disoccupazione è ancora troppo alta. E questa, a differenza della ripresa tanto decantata, invece si vede benissimo.
Senza credito
Uno dei problemi più rilevanti resta quello dell’accesso al credito, ha ammesso Draghi, che però si è guardato bene dal prendersela con le banche che attingono risorse illimitatamente alla stessa Bce a tassi irrisori e poi non impiegano i soldi – praticamente tutte – e ha circoscritto il guaio alla mancanza di trasparenza nei bilanci degli istituti. “Un freno ai prestiti – ha detto – è la mancanza di trasparenza sui bilanci bancari”. Un unico garante europeo aiuterà a risolvere questo problema, anche se per uscire dal guado l’Eurotower spedisce la palla sul campo dei governi nazionali e delle riforme che non ci sono. La Bce non può sostituirsi ai governi dell’Eurozona nel compito di tagliare i deficit di bilancio, nel fare le riforme strutturali e nel riparare sistemi politici rotti, ha concluso Draghi, spiegando che a ciascuno tocca il suo compito. Ma negli Stati Uniti, dove l’economia è già realtà, la banca centrale non ha fatto un ragionamento così.