E lo show atteso finalmente c’è stato ieri sera dopo l’audizione in giunta Autorizzazioni al Senato; verso le 20, Matteo Renzi d’Arabia, ha scaricato una mitragliata di comunicati stampa, brevi, incisivi e velenosi, com’è nel suo stile. E non manca una intimidazione al limite della minaccia con sberleffo inziale accluso: “Ho grande rispetto per la stampa e di fronte alle falsità che leggo posso solo rivolgermi ad un giudice. Chi dice il falso ne risponde”.
VENGHINO SIORI VENGHINO. Ma la stampa non è stata il bersaglio grosso di Matteo. Infatti ieri si è concentrato quasi unicamente sulla magistratura rea e ria di aver violato addirittura le prerogative costituzionali di quel Senato che Renzi ha cercato in tutti i modi di abolire per giocarsi poi i gioielli di famiglia sul disastroso referendum abrogativo che fu l’inizio della sua fine politica e che lo portò dalle cene con Obama alla Casa Bianca a sgargarozzate di Chianti nelle trattorie fiorentine.
Dicevamo dei magistrati. Ma per non sbagliare – ché il fiorentino è pericoloso e lesto di querela – riportiamo per intero uno dei suoi comunicati: “Ho portato quattro prove schiaccianti che il pm di Firenze, lo stesso che ha arrestato mia madre e mio padre e poi annullato l’arresto, indagato mio cognato, mia sorella, i miei principali collaboratori e anche me in più di una circostanza, quindi a mio avviso ha una particolare sensibilità nei miei confronti, ha violato l’articolo 68 della Costituzione in quattro passaggi e ho posto all’attenzione dei colleghi della giunta non la richiesta di non fare il processo a me, ma che si prenda atto di una violazione della Carta costituzionale. Io non ho violato le leggi, il pm fiorentino ha violato la Costituzione”.
Dunque Renzi ha calato – a suo dire – un poker d’assi (per ora aleggia il mistero su quali siano) contro il pm Luca Turco che ha osato indagargli madre, padre, cognato, sorella e collaboratori. Non si sa se il micio domestico si sia salvato per una storia di lische sparite dalla cucina di qualche anno fa. Magari il pm non aveva “una particolare sensibilità”, ma forse aveva valide ragioni per indagare la famiglia allargata e i collaboratori, oppure per Renzi non deve valere quella Costituzione che voleva egli stesso cambiare.
O forse i suoi “cari” – come diceva Giulio Andreotti riferendosi a Bettino Craxi – hanno pure loro particolari guarentigie che noi non conosciamo? Insomma Renzi è un fiume in piena, ma il pallino è sempre lì, in quella Procura di Firenze, sua città natale, che per lui pare essere una bolgia infernale, stranamente in consonanza con le note vicende di Silvio Berlusconi e la Procura di Milano.
OSSESSIONATO DA GIUSEPPI. Subito dopo è trapelata, come nei dispacci della Pravda ai tempi dell’Urss, la “soddisfazione e la tranquillità” per come è andata l’audizione. Solo che qui le patacche sulle divise sono quelle dell’Arabia saudita, dell’Arno e della Fiorentina. Il presidente della Giunta Gasparri ha dichiarato che le conclusioni della Commissione saranno entro l’anno e poi comunque si dovrà passare per l’Aula.
Da notare che il pomeriggio era stato allietato da un’altra boutade del fiorentino che aveva attaccato Giuseppe Conte per aver partecipato ad una conferenza in Olanda. Al che l’ex premier ha risposto ovviamente che lui – al contrario di Renzi – non è un senatore e non ha intascato un euro. Sembrano cose ovvie, quasi banali, ma con Matteo Spaccatutto occorre essere sempre molto precisi e chiari perché se no lui ti fa la mossa del cavallo e ti fotte con un droplet.