La Procura di Brescia ha chiesto il rinvio a giudizio per il pm di Milano, Paolo Storari e l’ex consigliere del Csm Piercamillo Davigo (nella foto), indagati per rivelazione di segreto di ufficio nell’ambito della diffusione dei verbali secretati resi dall’avvocato Piero Amara, tra cui quelli sulla presunta esistenza di un’associazione segreta denominata Loggia Ungheria (leggi l’articolo).
Sulla stagione dei veleni alla Procura di Milano si profila dunque un processo. Gli inquirenti di Brescia, competenti a indagare sui magistrati milanesi, a ottobre avevano chiuso le indagini preliminari chiedendo al gip l’archiviazione dell’indagine per il solo procuratore milanese Francesco Greco.
Storari, che è accusato di rivelazione di segreto d’ufficio (leggi l’articolo) per aver consegnato i verbali di Amara all’allora consigliere del Davigo, si è difeso sostenendo di essersi rivolto al collega del Csm come forma di “autotutela” di fronte al presunto immobilismo di Greco, che avrebbe ignorato le sue numerose richieste di procedere con indagini tempestive sulla “Loggia Ungheria”, necessarie per trovare riscontri alle rivelazioni dell’avvocato siciliano, ma non ha convinto gli inquirenti di Brescia.
Davigo, invece, avrebbe violato “i doveri inerenti alle proprie funzioni” e abusato “della sua qualità di componente del Csm”, pur avendo “l’obbligo giuridico ed istituzionale” di impedire “l’ulteriore diffusione” dei verbali di Amara e ne “rivelava il contenuto a terzi”, consegnandoli senza alcuna “ragione ufficiale” al consigliere del Csm Giuseppe Marra.
Gli stessi verbali sarebbero inoltre stati consegnati anche al vicepresidente David Ermini, che “ritenendo irricevibili quegli atti” immediatamente “distruggeva” la “documentazione”. Davigo, inoltre, avrebbe ricevuto “una proposta di incontro privato” da parte del pm Storari, “rassicurandolo di essere autorizzato a ricevere copia” di quei verbali dell’ex legale esterno dell’Eni e dicendogli che “il segreto investigativo su di essi non era a lui opponibile in quanto componente del Csm”.
L’ex consigliere del Csm avrebbe così “rafforzato il proposito criminoso di Storari” e sarebbe entrato “in possesso del contenuto di atti coperti da segreto investigativo”, al di fuori di una “procedura formale”, non essendo applicabile quella descritta da due circolari del ‘94 e ‘95 di Palazzo dei Marescialli, mentre Storari avrebbe dovuto “investire organi istituzionali competenti a risolvere questioni attinenti alla gestione dell’indagine”.
“Siamo assolutamente sereni riguardo alla nostra posizione che porteremo davanti al giudice dell’udienza preliminare, confidando che la totale innocenza venga dimostrata nelle varie sedi giurisdizionali” ha commentato il legale del pm Storari, l’avvocato Paolo Della Sala.
Davigo avrebbe poi dato “informalmente e senza alcuna ragione ufficiale” quei verbali a Marra, “ma al solo scopo di motivare la rottura dei propri rapporti personali con il consigliere Sebastiano Ardita”, incaricandolo “di custodirli e di consegnarli al comitato di Presidenza, qualora glieli avesse richiesti”.
È ancora in fase di valutazione, da parte del procuratore capo di Brescia Francesco Prete e del pm Donato Greco, la posizione del procuratore aggiunto Fabio De Pasquale e dell’ex pm di Milano Sergio Spadaro, ora procuratore europeo, indagati nello stesso filone che coinvolge Davigo e Storari per rifiuto di atti d’ufficio perché, nelle vesti di titolari del processo Eni-Shell/Nigeria, non avrebbero messo a conoscenza i giudici, e le difese degli imputati di gravi circostanze emerse nell’indagine sul cosiddetto “Falso complotto Eni” come una falsificazione di atti prodotti in giudizio dal co-imputato/teste dell’accusa Vincenzo Armanna e una sua possibile corruzione in atti giudiziari di un testimone. I due magistrati saranno sentiti a breve dalla Procura di Brescia.