Ancora una volta l’Europa ci richiama sul salario minimo. Che l’agenda Draghi non contempla. L’Italia non sarà obbligata a introdurlo ma il problema dei bassi salari va affrontato. è questo il messaggio che il commissario Ue al Lavoro Nicolas Schmit lancia al governo in un’intervista alla Stampa: “Non spetta alla Commissione decidere per gli Stati e non è mia intenzione cercare di convincere un governo a introdurlo. So che l’Italia sostiene la proposta e questo mi fa molto piacere”.
“Non voglio interferire. Mi limito solo a far notare che l’Italia ha un sistema di contrattazione collettiva molto esteso, forse il più esteso dell’intera Ue, ma al tempo stesso ci sono salari molto bassi. Questo è un aspetto che va affrontato”. In realtà a sostenere la proposta del salario minimo è stato soprattutto fino a oggi il M5S. Già nel 2013, infatti, nel primo disegno di legge sul Reddito di cittadinanza compariva il salario minimo. Il primo ddl poi sulla soglia minima di retribuzione non inferiore a 9 euro l’ora al lordo degli oneri contributivi e previdenziali – prima firmataria la pentastellata ed ex ministra del Lavoro Nunzia Catalfo – è stato presentato il 2 luglio del 2019 e una sua versione aggiornata risale al 14 maggio di quest’anno (leggi l’articolo).
Ma se il M5S compatto ha sempre sostenuto la necessità di paghe dignitose molto più magmatica è la situazione all’interno del Pd. Tra i dem le due anime, quella della sinistra iper laburista e quella della destra iper liberista, hanno finito, per ragioni opposte, per convergere col risultato finale di dirottare su un binario morto la questione del salario minimo. Da una parte, infatti, l’anima di sinistra legata ai sindacati, restii a sottrarre il tema salariale alla contrattazione tra loro e le imprese, ha remato contro il salario minimo.
Dall’altra ha fatto lo stesso la destra del Pd e nell’ottica della contrapposizione con i Cinque stelle e per la volontà di lasciare l’ultima parola sui salari al mercato. Ma ora tra i dem qualcosa pare smuoversi, seppur timidamente, con il ministro del Lavoro, Andrea Orlando. Che è ben consapevole delle resistenze che sul tema arrivano da imprese e sindacati che hanno stretto un patto di ferro affinché il tema salariale rimanga nel recinto della contrattazione collettiva. Sul salario minimo “ci sono idee diverse”, ha spiegato Orlando, ma “sicuramente c’è un problema di perdita verticale del potere d’acquisto e di difficoltà della contrattazione a farvi fronte. Spero che si sblocchi un confronto che su questo tema è fermo da troppo tempo, perché se non si vuole il salario minimo bisogna adeguare in qualche modo le regole della contrattazione. Se la contrattazione resta ferma, il salario minimo diventa una opzione”.
E se anche il Leu Federico Fornaro auspica che sul salario minimo si avvii al più presto una discussione approfondita in Parlamento e con le forze economiche e sindacali, sul tema interviene il presidente della Camera Roberto Fico. “Il tema del livello dei salari in Italia – dice l’esponente M5S – va affrontato con urgenza. Serve una discussione seria su quali strumenti introdurre per tutelare i lavoratori e combattere così vere e proprie forme di schiavitù. In questo momento storico occorre ragionare sull’adozione del salario minimo nel nostro Paese”.
Schmit ha anche benedetto il Reddito cittadinanza: “Credo sia uno strumento giusto per combattere la povertà e l’esclusione economica e sociale”. Pur apprezzando i correttivi per spingere i percettori a entrare nel mercato del lavoro.