Spingere sull’acceleratore per far passare il referendum costituzionale, per fare incetta di voti in vista delle elezioni politiche del 2018 e, in ottica di medio-lungo termine, mettere alle corde il M5S. Questo è quanto emerge dalle carte – già depositate – dell’inchiesta sulla fondazione Open (leggi l’articolo) che mostrano quella che appare sempre più come l’equivalente renziano della Bestia di Matteo Salvini.
La sua creazione, carte alla mano, sarebbe stata sancita al termine di una fitta corrispondenza che ha visto tra i protagonisti Marco Carrai e il giornalista Fabrizio Rondolino. Proprio quest’ultimo, assieme alla moglie Simona Ercolani, avrebbe preparato un documento di due pagine, inviato il 7 gennaio 2017 a Matteo Renzi, dal titolo eloquente: “Tu scendi dalle stelle”.
PROPAGANDA SPIETATA. Una sorta di manifesto programmatico per creare una “piccola, combattiva redazione ad hoc” composta da due giornalisti d’inchiesta e un investigatore privato, capace di diffondere notizie o indiscrezioni atte a “distruggere la reputazione e l’immagine pubblica” di quanti hanno osato schierarsi contro Renzi. In altre parole Beppe Grillo, Luigi Di Maio e una serie di giornalisti scomodi.
Del resto, viene sottolineato nel documento, “dopo Grillo, per gli elettori grillini c’è soltanto l’astensione” e “pensare di recuperare l’elettorato” pentastellato “è illusorio e irrealistico” perché “l’elettore 5 Stelle ha maturato un (pre)giudizio consolidato che è pressoché impossibile modificare”.
Insomma, taglia corto l’atto, l’unica soluzione per queste persone è quella di “spingerli a non votare più” dimostrando che “anche Grillo è Casta”. Un risultato che, secondo il piano, è possibile raggiungere con “meme, vignette e card per i social network, contenuti ironici e strafottenti che ridicolizzano questa o quella proposta, dichiarazione, personaggio, contenuti fortemente polemici e provocatori”.
IL SEGRETO DI PULCINELLA. Malgrado i mal di pancia dei renziani che lamentano un accanimento dei magistrati, il ministero della Giustizia ha deciso che, al momento, non intende inviare gli ispettori presso la procura della Repubblica di Firenze per chiarire l’origine della fuga di notizie riguardante una parte dell’inchiesta sulla Fondazione Open. A dirlo è il sottosegretario alla Giustizia, Francesco Paolo Sisto, rispondendo alla Camera a un’interpellanza presentata da Italia Viva che sostanzialmente chiedeva un intervento da parte del ministero di via Arenula.
In particolare, stando alla richiesta di cui Maria Elena Boschi è stata prima firmataria, si chiedono provvedimenti perché sarebbe stata violata “la segretezza dei fascicoli” che sono stati spiattellati sui giornali. Una tesi che, però, non regge come spiegato da Sisto secondo cui “non vi è alcun dubbio che la pubblicazione di atti di un processo penale, soprattutto se nella fase delle indagini, possa comportare in determinati casi conseguenze pregiudizievoli a carico dell’interessato, in special modo nel caso di un cosiddetto processo mediatico”.
Ma “l’11 novembre 2020, ovvero in epoca antecedente la pubblicazione dell’articolo, in seguito al ricorso di uno degli indagati, gli atti erano stati depositati e tale deposito ha fatto seguito alla notifica inoltrata agli indagati dell’invito a comparire inviata il 4-5 novembre del 2020. Si è così realizzata quella condizione di conoscibilità cui fa riferimento anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione, per dedurre la cessazione del vincolo di segretezza dell’indagine”.