Svelato “un fenomeno criminale organico e unitario, con numerose altre domande inoltrate da persone residenti in quei comuni, all’Inps, in cui i soggetti dichiaravano falsamente di risiedere in Milano” per ottenere il Reddito di cittadinanza. Così il gip della Procura di Milano, Teresa De Pascale, parla dell’indagine condotta nel cremonese e nel novarese sulla sventata maxi truffa da 60 milioni di euro che ha portato a 9.000 denunce e 16 arresti con il metodo della falsa residenza sfruttando dati di rumeni mai stati in Italia (leggi l’articolo).
Detto questo, c’è da registrare l’ennesima campagna contro il Reddito di cittadinanza che si è subito scatenata fomentata dalle destre che ormai oltre a Lega e Fratelli d’Italia contengono di diritto e di fatto anche Italia Viva di Matteo Renzi e degli ex comunisti Gennaro Migliore e Teresa Bellanova. È superfluo ricordare che le truffe ai danni dello Stato non solo ci sono sempre state, ma sono in aumento tra i falsi invalidi e i percettori di false pensioni non dovute.
E quindi è del tutto scorretto e demagogico demonizzare il reddito di cittadinanza che per milioni di persone è invece l’unico modo di sopravvivere dignitosamente, come hanno fatto i sei governatori leghisti chiedendo la sospensione di questa importante misura sociale.
PER UN PUGNO DI VOTI. Il ministro del lavoro Andrea Orlando ha dichiarato: “C’è una ignobile campagna politica in atto che identifica percettori del reddito e ‘furbetti’. Chi ne ha diritto va rispettato, chi imbroglia colpisce soprattutto chi ha bisogno”. Il reddito è una misura di alta rilevanza sociale ed occorre non solo mantenerla ma anche rafforzarla approvando – ad esempio – il salario minimo. Si tratta dell’applicazione dell’unico vera misura sociale che avrebbe dovuto fare la sinistra e che invece non solo non ha mai fatto, ma con il Pd di Renzi si è addirittura abrogato l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori.
I 5S non hanno “sconfitto la povertà” – come ebbe a dire un entusiasta Luigi Di Maio -, ma ha sicuramente posto le basi per una grande riforma del welfare che in Italia mancava proprio dai tempi dello Statuto di Gino Giugni. L’Italia ha bisogno di queste misure che qualcuno può chiamare populiste o peroniste e non sono certo offese, ma che comunque sono fiori all’occhiello per uno Stato che invece negli anni si è premunito spesso di salvare le banche e l’élite con i soldi di pantalone e cioè dei contribuenti.
È poi una vergogna che gente che sguazza nei milioni e milioni di euro, come Matteo Renzi, vada a pontificare sul Reddito volendo togliere quei pochi soldi che salvano la gente dalla povertà assoluta. E per fortuna che ha fatto la tesi di laurea su Giorgio La Pira, il sindaco “santo” di Firenze.