L’Italia fa il pieno di procedure di infrazioni europee, abbattendo tutti i record. L’ultimo aggiornamento, risalente a fine settembre, ha portato il totale a quota 97, la cifra più alta dal 2016. Un sensibile incremento rispetto all’eredità lasciata dal governo Conte II, che si era fermato a 81 procedure (leggi l’articolo), tenendo sostanzialmente stabile la cifra durante la durata dell’esecutivo. E adesso, oltre al dato quantitativo, si guarda con preoccupazione anche a quello pecuniario, per il salasso che potrebbe abbattersi sull’Italia in caso di condanna in sede Ue.
CONTO SALATO. Finora le procedure finite in sanzioni, dal 2012 al 2020, hanno avuto un costo di oltre 750 milioni di euro per le casse statali. Alla montagna che si era accumulata in precedenza, si sono aggiunti, appunto, nove “richiami” da parte della Commissione europea. Tra le notifiche più recenti ci sono il mancato recepimento della direttiva relativa “alla promozione di veicoli puliti e a basso consumo energetico nel trasporto su strada” e un’altra che concerne “l’apertura dei dati” e il “riutilizzo dell’informazione del settore pubblico”.
Non basta, insomma, la lealtà all’Ue del presidente del Consiglio, Mario Draghi, e del sottosegretario agli Affari europei, Vincenzo Amendola (nella foto). Bruxelles chiede i fatti, non le patenti di europeismo. Tra le vecchie procedure ci sono quelle che hanno già portato alla condanna da parte della Corte di Giustizia europea. L’Italia ha ancora sul groppone la questione delle discariche abusive, per cui lo Stato ha pagato multe per 232 milioni di euro, dal 2015 al 2020. Non va meglio l’emergenza rifiuti in Campania, che è costata ai contribuenti 217 milioni di euro.
Nel 2020 si è aperto un nuovo fronte: la contestazione del “mancato recupero degli aiuti di Stato concessi agli alberghi dalla Regione Sardegna”. La relazione della Corte dei Conti riferisce che sono stati sborsati, su questo capitolo, settet milioni e mezzo di sanzioni nello scorso anno. Sul tavolo restano poi aperte “infrazioni storiche”, come quella sull’eccesso di contratti a tempo determinato nel settore pubblico, l’affidamento dei lavori di costruzione e gestione dell’autostrada Civitavecchia-Livorno, risalenti al 2014, o la bomba ambientale dell’Ilva di Taranto, notificata nel 2013.
TRAGUARDO LONTANO. L’obiettivo del governo Draghi è di abbattere, entro fine anno, il numero delle procedure. “L’ottimo lavoro svolto sulla legge delegazione europea – afferma in una nota il sottosegretario Amendola -, finalizzata con i decreti attuativi approvati in Consiglio dei ministri, permetterà, dopo la valutazione della Commissione, di chiudere ben 26 procedure d’infrazione a carico dell’Italia. Il risultato è stato conseguito grazie all’impegno del Parlamento e delle quattordicesime Commissioni di Camera e Senato – presiedute rispettivamente da Battelli e Stefano -, in sinergia con i ministri competenti”.
“Mercoledì 3 novembre – ha aggiunto Amendola – ha poi ricevuto il via libera in Senato della legge europea, che condurrà all’archiviazione di altre 12. Un risultato ottenuto grazie anche all’impegno di una struttura ad hoc presso gli Affari Europei, il cui lavoro continuativo consente la riduzione delle infrazioni e delle relative sanzioni pecuniarie, nonché di prevenire l’insorgere di nuovi casi o l’aggravamento di quelli pendenti”.
“Tanti gli obiettivi raggiunti – prosegue Amendola -, fra questi: lo stop a molte pratiche sleali che hanno penalizzato agricoltori, lavoratori e consumatori; l’eliminazione di ostacoli alla libera circolazione; l’apertura alla concorrenza del settore idroelettrico; il recepimento della riforma UE del codice delle comunicazioni elettroniche, della direttiva sui servizi media-audiovisivi e della direttiva copyright; il recepimento della nuova direttiva UE sulla riduzione dell’incidenza della plastica sull’ambiente; l’abbattimento dei ritardi nei pagamenti degli appalti dei lavori pubblici; il recepimento della disciplina UE che conferisce maggiori poteri all’Antitrust; il rafforzamento della tutela penale contro lo sfruttamento sessuale dei minori e la pornografia minorile, nonché una più corretta attuazione del principio costituzionale della presunzione di innocenza”.