Dove c’è Draghi ci sono gli interessi dei padroni. È così da sempre, da quando l’attuale premier cominciava a costruire le sue fortune facendosi creditore a vita dei gruppi industriali più veloci a infilarsi nelle privatizzazioni degli anni ’90. Dal suo ufficio di direttore generale del Tesoro fu lui a dirigere il traffico che portò i bresciani Colaninno, Gnutti & C. a spolparsi la Telecom, i Benetton le autostrade, Caltagirone il cemento di Stato e così via.
Poi traslocò in Banca d’Italia e alla Bce, continuando a farsi amici tra i banchieri. Naturale dunque che il potere se lo coccoli, affidando ai propri trombettieri su tv e giornali il compito di celebrarne le gesta, qualunque esse siano, fossero anche semi-fallimentari, tipo l’ultimo G20 a Roma. Con un tale lasciapassare, il Presidente del Consiglio ha potuto commissariare tranquillamente la politica, col mandato di varare quelle riforme che i partiti da anni non riescono a fare, senza le quali non potremo ricevere i soldi europei del Pnrr.
Cosa ha fatto della Giustizia l’abbiamo visto tutti, riportando le lancette del Paese ai tempi della prescrizione, e non più indietro solo perché Conte e i Cinque Stelle qualcosa sono riusciti a salvare. Ma era adesso, prima sulla Manovra e poi sul ddl Concorrenza, che le forze più conservatrici avevano da tremare, perché c’erano tutte le condizioni per ridurre i privilegi granitici di un Paese zeppo di gente che campa di rendite, liberare il mercato e spostare più risorse sul lavoro. Le vere riforme, insomma, che ci chiede Bruxelles.
E invece com’è andata a finire? I confini del Sussidistan difesi dalla Confindustria hanno retto perfettamente, e sono salve pure le concessioni trentennali dei gestori balneari, che solo in Italia possono tenersi a vita pezzi di demanio pagandoli una miseria. Tutto il contrario di quanto sborsano i poveri Cristi, che quando hanno un lavoro vedono sparire metà dello stipendio in tasse e contributi. Poveri illusi, malgrado il capo del Governo non abbia mai nascosto da che parte tira. Ma lui è lui e noi comuni mortali non siamo un c…