La norma introdotta dal governo Conte I, che scadrà alla fine dell’anno, prevede per i lavoratori l’opzione di andare in pensione una volta raggiunta Quota 100, cioè 62 anni di età e 38 di contributi. La misura, molto costosa e di cui hanno usufruito circa 350 mila persone, è una delle bandiere della Lega. Ma il governo non ha alcuna intenzione di prorogarla. Nella prima ipotesi avanzata dal Mef per evitare lo scalone di cinque anni che si creerebbe con il ritorno diretto alla Legge firmata dall’ex ministro Elsa Fornero (67 anni) è previsto un primo scalino a Quota 102 per il prossimo anno: 64 anni di età e 38 di contributi.
L’anno successivo, nel 2023, la Quota per il pensionamento dovrebbe salire ulteriormente di due unità, a 104. Il numero risulterebbe dalla somma di 66 anni di età più 38 di contributi versati. L’ipotesi riguardante l’opzione di mantenere invariato il requisito contributivo a 38 anni e di modificare quello anagrafico indica una platea potenziale massima di non più di 50mila pensionamenti in due anni. Ma la Cgil ha calcolato che le uscite possibili non sarebbero più di 10mila l’anno.
La platea non cambierebbe molto con l’ipotesi delle Quote mobili: l’uscita mantenendo fissa la soglia dei 64 anni d’età e alzando solo il requisito contributivo (38 anni nel 2022, 39 nel 2023, e 40 nel 2024). In questo modo, secondo gli esperti, nel 2022 potrebbero uscire solo coloro che avevano già l’età per Quota 100 quest’anno, ma non ancora i contributi (quindi ad esempio lavoratori del 1958 con 37 anni di contributi oggi) ma non quelli che avevano i contributi ma non l’età (lavoratori del 1960 con 40 anni di contributi ad esempio).
Nel 2023 uscirebbero di fatto solo i lavoratori del 1959 con 37 anni di contributi raggiunti nel 2021 perché se nati prima avrebbero potuto uscire nel 2022 (con 64 anni e 38 di contributi) e se con più anni di contributi avrebbero potuto avvalersi di Quota 100. Nel 2024 sarebbe alla fine il turno dei lavoratori del 1960 con 40 anni di contributi.
Questa categoria di età-contributi sarebbe l’unica ad avere vantaggi anche se una grande parte potrebbe essere andata già in pensione grazie all’uscita possibile a qualsiasi età con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne). Si ragiona anche su altre ipotesi in cui il requisito anagrafico verrebbe abbassato a 63 anni con l’asticella dei versamenti a 39 o 40 anni. E con attenzione ai lavoratori fragili.