Ieri ha visto il leader della Lega. Oggi i sindacati. Il punto di caduta sulle pensioni, in vista della manovra, ancora non è stato trovato. Ma il governo ha già messo in chiaro le cose. Occorre assicurare una gradualità nel passaggio alla normalità. Ovvero una transizione morbida da Quota 100 alla Fornero.
Il premier e il suo ministro dell’Economia non hanno intenzione di fare sconti che lo Stato finanziariamente non sarebbe in grado di sostenere (leggi l’articolo). L’unica trattativa che Mario Draghi e Daniele Franco (nella foto) intendono imbastire è quella sulla gradualità. Il che non significa che intendano discostarsi di molto dal sistema delle quote prospettato dal Mef in prima battuta. Con buona pace della Lega e delle parti sociali che non lo digeriscono.
La proposta Franco di Quota 102 nel 2022 (64+38 di contributi) e Quota 104 nel 2023 (66+38) è stata bocciata da Cgil, Cisl e Uil che vorrebbero una riforma strutturale delle pensioni che preveda flessibilità per l’uscita dal mercato del lavoro dai 62 anni in su e che non consideri i lavori tutti uguali. Ed è stata bocciata anche dalle imprese. “Noi siamo fortemente contrari a quota 100, 102 o 104. Siamo contrari perché guardiamo i numeri da imprenditori e i numeri dicono che quota 100 non ha ottenuto l’effetto che ci aspettavamo. Noi riteniamo invece che si debba lavorare sui lavori usuranti”, dice il leader degli industriali, Carlo Bonomi.
E ovviamente dalla Lega che ha proposto in alternativa, ma finora senza successo, di tenere ferma Quota 102 per due anni. All’incontro con il premier, Salvini era accompagnato dal sottosegretario al Mef, Federico Freni, e dal responsabile Lavoro del partito, Claudio Durigon. Durante il colloquio, che viene descritto come “lungo e positivo” dai leghisti, il leader del Carroccio “ha illustrato le sue proposte per rilanciare il Paese e difendere lavoro e pensioni”.
L’obiettivo – viene spiegato al termine dell’incontro – è di trovare “una mediazione” che non “porti a un ritorno alla Fornero”. Insomma la Lega è al lavoro per trovare un escamotage che le consenta di salvare la faccia. E una delle proposte che ha avanzato è che venga istituito un fondo destinato alle aziende con meno di 15 dipendenti per aiutare i loro lavoratori ad andare in pensione dopo la fine di Quota 100.
Ma, comunque andrà, Salvini e i suoi (come sempre peraltro) non faranno le barricate anche perché hanno capito che Draghi tirerà dritto. Pd e M5S, in una sintonia confermata da un pranzo di Giuseppe Conte ed Enrico Letta in centro a Roma, concordano sulla necessità di ammorbidire lo scalone di 5 anni che scatterebbe da gennaio ma la ricetta è diversa dagli alleati di governo della Lega. I giallorossi insistono per la proroga di Opzione donna e sulla richiesta di concedere flessibilità in uscita a chi ha svolto lavori gravosi.
SIMULAZIONI. Gradualità, si diceva, è la parola chiave su cui si stanno concentrando le simulazioni al Mef che verranno presentate ai sindacati e alle forze politiche. Le ipotesi sono diverse: si è parlato di una transizione più lunga con un passaggio da Quota 102 l’anno prossimo a Quota 103 nel 2023 e 104 nel 2024. A cambiare potrebbe anche essere la sola quota dei contributi (38, 39 e 40 anni) mentre il requisito anagrafico resterebbe fermo a 64 anni.
Non è escluso che torni in campo la proposta del presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, di un anticipo pensionistico solo per la parte contributiva, con l’erogazione della parte retributiva solo a 67 anni. Ma se la Lega si arrenderà al compromesso del Governo, resta da capire come si comporteranno i sindacati.