Il piccolo sopravvissuto alla tragedia del Mottarone, Eitan Biran, deve tornare in Italia nella sua residenza abituale. È quanto ha stabilito la giudice del Tribunale della famiglia di Tel Aviv, Iris Ilotovich-Segal, respingendo la tesi del nonno materno, Shmuel Peleg, secondo cui Israele è il luogo normale di residenza del bambino.
La corte ha rigettato anche la tesi di Peleg, che a settembre aveva illegalmente sottratto il bambino alla zia paterna portandolo da Pavia in Israele (leggi l’articolo), che il luogo dove doveva crescere Eitan fosse Israele dal momento che i suoi genitori, morti nella tragedia della funivia, volevano tornare a vivere nello Stato ebraico. Il nonno di Eitan era poi finito ai domiciliari a Tel Aviv e indagato, in Italia, per sequestro di persona (leggi l’articolo).
La giudice ha messo l’accento sulla continuità nella vita del minore, arrivato in Italia appena nato e lì vissuto finora. “Il Tribunale non ha accolto la tesi del nonno che Israele è il luogo normale di vita del minore né la tesi che abbia due luoghi di abitazione” scrive la giudice Ilutovich Segal nella sentenza in cui impone il rientro in Italia del bambino accogliendo il ricorso di Aya Biran, la zia paterna e affidataria legale.
“Pur accogliendo con soddisfazione la sentenza della giudice Ilutovich – commentano i legali della famiglia di Aya Biran, Shmuel Moran e Avi Himi – crediamo che in questo caso non ci siano né vincitori né vinti. C’è solo Eitan e tutto quello che chiediamo è che torni presto a casa sua, ai suoi amici a scuola, alla sua famiglia, in particolare per la terapia e gli schemi educativi di cui ha bisogno”.
Nella sentenza, inoltre, la giudice spiega che “non è stato accolta la tesi del nonno secondo cui la zia non aveva il diritto di tutela”. “Con l’arrivo in Israele il nonno – ha proseguito la giudice – ha allontanato il minore dal luogo normale di vita. Un allontanamento contrario al significato della Convenzione e che, così facendo, ha infranto i diritti di custodia della zia sul minore stesso”.
La corte ha imposto che il nonno materno del bambino paghi anche le spese processuali, pari a 70 mila shekel (oltre 18mila euro). “La famiglia è determinata a continuare la battaglia in ogni modo possibile nell’interesse di Eitan – ha detto il portavoce della famiglia Peleg, Gadi Solomon, annunciato ricorso contro la sentenza -, il suo benessere e il diritto a crescere in Israele come i suoi genitori si augurano. Questa riguarda solo il suo allontanamento dall’Italia, il suo arrivo in Israele e non il bene e il futuro del minore”.