di Stefano Sansonetti
Si potrebbe partire da una “storiella” metaforica. “Tutti entrano in un ristorante, tutti mangiano e tutti escono fuori avvelenati. Tranne uno, il gestore del ristorante, che si chiama Fritz”. E il cibo ingerito, si sarebbe potuto completare, è l’euro. Una moneta unica nei confronti della quale, ormai, l’insofferenza è crescente, esattamente come quella nei confronti del gestore del ristorante che risponde al nome di Angela Merkel. Figure retoriche a parte, l’altro ieri, per la prima volta a Montecitorio, è andata in scena la rivolta anti-euro. A sostenerla un gruppo di economisti che stanno cercando di aprire il dibatto nel Belpaese. Il tutto, a giudicare dalle presenze registrate alla Camera dei deputati, con un successo di non poco conto. Che poi, andando ad analizzare la pattuglia degli accademici “sovversivi”, si scoprono alcune sorprese. Per esempio che la battaglia attuale parte da Pescara, dalla facoltà di economia dell’Università Gabriele D’Annunzio.
La squadra
Da qua vengono Antonio Maria Rinaldi e Alberto Bagnai, due professori che a suon di libri e tweet stanno cercando di far capire perché e quanto sia sbagliato il sistema che ruota intorno a una moneta che non è riuscita a mantenere nemmeno una delle promesse d’origine. E che rischia di svendere l’Italia, o quel che ne rimane, al miglior offerente straniero. Cosa peraltro già avvenuta con tante aziende nostrane fagocitate da colossi esteri. A loro si aggiunge Claudio Borghi Aquilini, professore di economia degli intermediari finanziari all’Università Cattolica di Milano, proprietario del copyright della “storiella” iniziale. Ma a parlare di euro e Unione europea tradita, sempre a Montecitorio, c’erano anche il giurista Giuseppe Guarino, già ministro delle finanze e dell’industria a cavallo tra gli anni ‘80 e ‘90, e Paolo Savona, economista con trascorsi alla Banca d’Italia e al Mit di Boston, anche lui ex ministro dell’industria. Per chiudere con altri ex ministri come Giorgio La Malfa e Vincenzo Scotti.
L’attacco
L’occasione per prendere l’euro a cannonate è stata offerta dalla presentazione del libro “Europa Kaputt”, scritto da Rinaldi. Il quale, nel suo intervento, ha subito premesso: “La Costituzione dice che l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro, non sul pareggio di bilancio”. Per poi chiedersi come sia possibile vivere in un sistema che persegue un’inflazione all’1% e la paga al costo del 12% di disoccupazione. Non si tratta “di essere antieuropei”, ha poi aggiunto l’economista, “ma di arrivare al concetto di Europa attraverso una via diversa, magari con un governo che eviti di andare a fare l’inchino a Berlino due giorni dopo essersi insediato”. Anche Bagnai, stimato da ambienti vicini al M5S (ma se gli si dà dell’ideologo grillino si inalbera come non mai), ci è andato giù duro. Statistiche alla mano ha ricordato come i guai per l’Italia siano nati a partire dal 1996-97, “con la rivalutazione del cambio e l’aggancio alla parità con cui poi siamo entrati nell’euro”. Una moneta unica le cui pericolose conseguenze, ha ricordato l’economista, erano già chiare in alcune previsioni di parecchi anni fa. Per esempio in una datata 1996, “l’economista Rudi Dornbusch scriveva che entrando con un cambio sopravvalutato l’Italia si sarebbe trovata alle corde come nel 1992 e la Bce si sarebbe proposta come continuazione della Bundesbank”. Parola impressionati, lette oggi. La conclusione, per Bagnai, è che se non si inverte la rotta “la situazione in cui siamo porterà alla svendita dell’Italia all’Europa, cosa già in corso con alcune aziende della moda e di altri settori”.
I poteri forti
Nelle relazioni, naturalmente, non potevano mancare strali nei confronti dei “poteri forti” accusati di averci portato in questa condizione. Un durissimo attacco all’ex premier Mario Monti è stato sferrato da Guarino, secondo il quale il presidente della Bocconi fu uno dei responsabili del regolamento 1466/97, ovvero l’atto che ha consegnato all’Europa una moneta totalmente diversa da quella che era stata immaginata prima. E’ poi stato ancora Bagnai ad attaccare Prodi, secondo le cui ricette l’Italia potrebbe uscire dal guado attraendo altri investimenti esteri.
Le proposte
Tutti d’accordo, tranne Savona che ha giudicato il momento attuale non adatto, a chiedere l’uscita dall’euro. Per poter poi utilizzare lo strumentario con cui l’Italia andava avanti prima della moneta unica: svalutazione, creazione del debito e via dicendo. Non grandi novità, ma pur sempre meglio del disastro attuale. Adesso l’appuntamento è fissato per il 23 settembre, un giorno dopo le elezioni tedesche, quando il gruppo italiano presenterà il Manifesto di solidarietà europeo in compagnia di altri colleghi europei. Obiettivo: una segmentazione controllata dall’eurozona, con l’uscita dalla moneta di alcuni paesi (vedi La Notizia del 20 agosto scorso) .