Dopo aver vinto a Bologna, Milano e Napoli il centrosinistra ai ballottaggi conquista Roma e Torino e non solo. Vince anche a Latina, Caserta, Cosenza, Isernia e Varese. Gianfranco Pasquino, politologo e professore emerito di Scienza Politica, cosa ne pensa?
“Prima di tutto questo è un segnale: dobbiamo tutti smettere di pensare che poiché i sondaggi dicono che il centrodestra è avanti ha già vinto le elezioni del 2023. No, non è così. Anche il centrodestra dovrebbe capirlo che c’è sempre una campagna elettorale da fare. E un terzo degli elettori decide nell’ultima settimana. Il centrodestra si fida troppo della sua compattezza o meglio della sua presunta compattezza. La seconda considerazione da fare è che il Pd esiste. Sul territorio ci sono militanti e organizzatori che fanno campagna elettorale e questo è importante. Il Pd ha scelto dei buoni candidati che erano politici. Faceva eccezione Gaetano Manfredi il quale comunque aveva accumulato una precedente esperienza di un anno come ministro”.
E il centrodestra invece?
“Il centrodestra, commettendo un grave errore, ha scelto candidati civici. Ha commesso l’errore gravissimo di poter pensare di usare i civici contro i politici”.
Nella sconfitta il centrodestra ha pagato anche la linea tenuta sul Green Pass?
“Il centrodestra paga le sue ambiguità. Non si sa più bene cosa voglia il leader della Lega, Matteo Salvini, che una volta dice una cosa e l’altra dice l’opposto. E poi deve aver pagato anche lo scandalo dell’uomo del suo staff, Luca Morisi. La rendita di opposizione di Giorgia Meloni è una rendita di opposizione ma se la leader di FdI non riesce a trovare una strada per soluzioni di governo lì rimane: all’opposizione anche col suo 20%. In più non le giova andare a parlare con quelli di Vox. E i rapporti con Orban non portano voti. Gli italiani in quest’ultima fase hanno capito quanto è significativa l’Europa e quindi posizioni sovraniste ed antieuropeiste non pagano”.
Il governo alla luce di questi risultati appare più stabile?
“Certo, deve rallegrarsi: non ha vinto l’opposizione della Meloni, ha perso il semi-appoggio o la semi-opposizione di Salvini e tutto sommato il leader del M5S, Giuseppe Conte, non è stato ridimensionato più di tanto. La sua posizione a favore di Roberto Gualtieri a Roma ha pagato. Parte dell’elettorato dei 5Stelle ha votato per l’ex ministro”.
Quali sono gli scenari che si aprono ora a livello nazionale?
“Io non mi occupo di fotoromanzi. La politica ha dei momenti in cui bisogna prendere delle decisioni vere, significative. Una di queste è la presidenza della Repubblica che può segnare una parte importante del percorso del Governo e del Paese”.
I dati sull’affluenza, però, non sono buoni.
“Nel passaggio dal primo al secondo turno c’è una parte di elettori che ha visto i propri candidati sconfitti. E per questo una parte di loro decide di non andare a votare. E dunque che si perda una parte di elettori al secondo turno è assolutamente fisiologico. Ma non è fisiologico – e ritorniamo ai dati relativi al primo turno – che uno su due non vada a votare. Il messaggio che io manderei agli astensionisti è che ‘chi non vota non conta’. Tra gli astensionisti c’è chi non riesce a votare perché sono malati, anziani, soli, lontani da seggi. C’è anche chi studia e lavora all’estero e non può tornare a votare. Terzo gruppo: gli astensionisti di opinione. E infine ci sono alcuni che non vanno a votare perché i partiti non li raggiungono più. In generale la preoccupazione che dobbiamo avere non è sui numeri. Gli astensionisti non esprimono preferenze e interessi e questo riduce la qualità della rappresentanza”.