La Sinistra ha stravinto le elezioni, ma c’è poco da festeggiare quando il successo arriva per abbandono dell’avversario, che già dopo il primo turno barcollava più di un pugile suonato. Nonostante l’avvertimento emerso quindici giorni fa dalle urne, Meloni e Salvini non hanno saputo riacquistare lucidità su Green Pass e toni da moderare (leggi l’articolo), e invece di puntare sull’85% degli italiani che si sono vaccinati e chiedono tranquillità dopo la pandemia, hanno continuato a tirare pugni insieme al 5% che blocca i porti o manifesta accanto ai delinquenti che poi vanno ad assaltare la Cgil.
Così, al netto di un altro 10% a cui di regola non frega niente di niente, la destra si è auto-confinata nella minoranza del Paese, completando il disastro annunciato con la scelta dei peggiori candidati possibili. Una débâcle che ha responsabilità chiare, di cui però i colpevoli si lavano già le mani, farneticando di campagne antifasciste orchestrate dalla stampa, come se a sfasciare l’ufficio di Landini siano stati i giornalisti.
Nulla da recriminare, invece, sulle grida sguaiate della leader di Fratelli d’Italia in Parlamento contro la Lamorgese, o sui continui diktat del capo della Lega a Draghi, che hanno fatto scappare gli elettori moderati. E dire che proprio questi ultimi sono stati decisivi lì dove le destre hanno centrato le uniche vittorie, in Calabria e a Trieste, in entrambi i casi con uomini di Forza Italia (a favore del Green Pass e leale al governo di cui fa parte). Ora dunque resta da vedere se i pugili suonati sono solo Meloni e Salvini, o è tutto il Centrodestra.