“Siamo determinati sulle nostre posizioni, ma siamo sempre disponibili a discutere con chiunque”. È quanto ha detto Alessandro Volk, componente del direttivo del Coordinamento lavoratori Portuali di Trieste, alla vigilia dello sciopero annunciato contro l’introduzione dell’obbligo del Green Pass nei luoghi di lavoro (leggi l’articolo). Tuttavia, se il Governo dovesse posticipare l’obbligo, Volk anticipa che “nel caso prenderemmo nota e ci adegueremmo, non avrebbe senso domani bloccare il porto”. “Se ad esempio il Governo proponesse una proroga al 30 ottobre – ha aggiunto il componente del direttivo del Coordinamento lavoratori Portuali di Trieste – sarebbe una mossa intelligente da parte del Governo per prendere un po’ di tempo e trovare poi una soluzione”.
“Chiediamo a tutti di continuare, come possono, a portare avanti questa giusta lotta in difesa del diritto al lavoro e della libertà personale. Principalmente bloccando anche loro il lavoro a partire dal 15 e fino a quando sarà necessario” aveva scritto ieri lo stesso Coordinamento dei lavoratori portuali di Trieste contando di creare disservizi fino a quando non saranno presi provvedimenti contro l’obbligatorietà del Green Pass sul posto di lavoro (leggi l’articolo). Così da Trieste hanno poi annunciato che “l’unica apertura nei nostri confronti è togliere il Green Pass”.
Il blocco di venerdì è quindi ancora possibile. Non solo. Ci saranno anche probabili sorprese, perché non si fermerà solo il porto di Trieste. Certo è che lo stop all’attività dei porti, come forma di protesta, rischia di provocare un danno economico che, secondo il portavoce dei portuali di Trieste, Stefano Puzzer, “sarà causato dalla testardaggine del solo Governo italiano a mantenere questa misura criminale”. L’auspicio dei portuali, ha concluso Puzzer, è che “in giro per l’Europa vengano tutti a tirare le orecchie al Governo italiano affinché tolga questo decreto”.
Dunque dopo il cedimento del Viminale, da Trieste non arretrano e rilanciano paventando il rischio che il blocco si estenda ad altri porti italiani in vista della scadenza di domani. Così, mentre a Genova alcune aziende hanno detto sì ai tamponi gratuiti ricevendo le direttive della circolare del ministero dell’Interno – in contrapposizione al Dpcm di Draghi – a Gioia Tauro la situazione è in bilico per una società che opera nello scalo, a Palermo è stata annunciata la linea dura da parte delle aziende terminaliste e della logistica e nei porti pugliesi si escludono criticità perché la quota di vaccinati è vicina al 100 per cento. Quindi la situazione rischia di sfuggire di mano. Ma non mancano inviti alla responsabilità.
“Il mio auspicio è che con il buon senso si possa arrivare a un equilibrio” ha detto il presidente della Regione Fvg e della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga, altrimenti “rischiamo di fare un danno enorme, non soltanto all’economia della città ma anche a tutti quei lavoratori che con l’indotto del porto lavorano, e non solo nel porto”. Ma Fedriga ha anche detto di non avere intenzione di intervenire come Regione sulle realtà produttive, “perché ho profondo rispetto delle istituzioni che le governano”.