di Vittorio Pezzuto
Hanno vinto loro, in silenzio e senza fare nulla. D’altronde è proprio questa la vera missione dei fannulloni, quei lavoratori dipendenti che scelgono di imboscarsi col pretesto di malattie tanto immaginarie quanto frequenti. Hanno vinto non tanto per l’appoggio di cui hanno sempre goduto da parte di alcune frange del sindacato ma perché il regime dei controlli si è andato via via allentando fino a divenire quasi impalpabile. La possibilità per un lavoratore di ricevere una visita domiciliare di controllo è infatti ormai pari a zero. Per effetto del taglio delle risorse cui è stato sottoposto dalle ultime leggi di spesa, quest’anno l’Inps ha infatti deciso una drastica riduzione delle visite mediche di controllo: da poco più di 1,2 milioni a circa 100mila. Lanciando così un chiaro messaggio di resa ai ‘furbetti’ del settore privato (per contenere i costi, le amministrazioni pubbliche preferiscono rivolgersi invece ai medici delle Asl).
Il direttore generale dell’Inps Mauro Nori ricorda che nel corso del 2012, su poco più di 1,2 milioni di visite mediche di controllo, l’Inps ne aveva disposto d’ufficio ben 900mila per una spesa complessiva di 50 milioni di euro. E sottolinea come il loro esito aveva portato a una riduzione della prognosi soltanto in 83mila casi (il 9% totale delle visite eseguite). Un risultato comunque quasi doppio di quello ottenuto con le 295mila visite richieste dalle aziende, in quanto solo 16mila volte (cioè nel 5,5% dei casi) il lavoratore dipendente era stato costretto a ritornare anzitempo al lavoro. «Forti dell’esperienza costruita con un sempre più sofisticato sistema di datamining – assicura – saremo in grado di far crescere la percentuale dei risultati di riduzione di prognosi, pur in presenza di una sensibile diminuzione del numero di visite eseguite. Quindi, con meno risorse economiche e con maggiore selettività dei controlli, riusciremo a produrre comunque un sempre più efficace contrasto al fenomeno dell’assenteismo».
Improvviso dietrofront
Una tesi radicalmente contestata dai 1.380 medici fiscali convenzionati in media da più di vent’anni con l’Istituto presieduto da Antonio Mastrapasqua. Si tratta di liberi professionisti anomali, che lavorano in regime di esclusività, bloccati come sono da una serie di incompatibilità presenti nei decreti ministeriali che regolano l’esercizio della loro attività. Reperibili 7 giorni su 7, senza diritto a ferie o a malattie retribuite, questi medici si sono trovati improvvisamente privi di lavoro e costretti (loro sì) a restarsene a casa. «Oggi effettuiamo in media 10-12 visite al mese – ci racconta la presidente dell’Anmefi Federica Ferraroni – e il nostro reddito è precipitato a 200-300 euro lordi al mese. Una normativa interna dell’Inps prevederebbe la verifica di almeno il 10-15% dei certificati. Adesso siamo scesi a meno dell’1%». Si è cosi assistito a un improvviso capovolgimento di strategia. «Fino a ottobre dell’anno scorso si puntava sulla medicina fiscale. Lo provano investimenti importanti nel settore dell’informatizzazione con la dotazione a ciascuno di noi di un notebook, di una stampante e di un programma (Savio) che consente di ricevere in tempo reale le richieste di visite d’ufficio dell’Inps e del datore di lavoro nonché di inviare in tempo reale i loro esiti. Ebbene, senza alcun preavviso, dal 2 maggio sui nostri notebook è comparsa la scritta “Non ci sono visite predisposte per il medico”. Incredibile. Dopo appena sei mesi blocchi tutto? Savio e il sistema di datamining non hanno fatto in tempo a entrare a regime. Uno spreco. E dire che la medicina fiscale (prevista fin dal 1970 dallo Statuto dei lavoratori) non solo ha una funzione pubblica di tutela del dipendente dalle eventuali vessazioni del datore di lavoro ma costituisce una voce in attivo per l’Inps, contribuendo a un ritorno di risorse nelle sue casse grazie al calcolo delle assenze ingiustificate oppure alla verifica di alcune patologie che derivano da responsabilità di terzi (come nel caso di incidenti stradali). Ormai il costo delle visite – conclude Ferraroni – ricade quasi interamente a carico dell’imprenditore privato, già prostrato dalla crisi economica. L’Inps insomma si sottrae alla sua funzione pubblica e, privandosi del nostro servizio, fa venir meno l’unico efficace deterrente al fenomeno dell’assenteismo». I fannulloni ringraziano.