Dopo il buio della pandemia Milano prova a rialzarsi e si affida all’usato sicuro: il sindaco uscente Beppe Sala stravince al primo turno, un “evento” che non si verificava dal 2006 (qui il dati definitivi sullo spoglio), quando però a conquistare Palazzo Marino col 51,97% fu la candidata del centrodestra Letizia Moratti, oggi vice presidente e assessore al Welfare in regione Lombardia e che nel 2009 per guidare il Comune come direttore generale chiamò proprio Sala. Il centrosinistra invece non era mai arrivato a vincere al primo turno a Milano da quando, a partire dal 1993, il sindaco viene eletto con queste modalità.
Non a caso il sindaco che ha centrato il bis, staccando nettamente il suo principale avversario – il pediatra sostenuto da Lega, FdI e FI Luca Bernardo -, parla a caldo di “risultato storico”, ricordando che rispetto al primo turno nel 2016 ha preso “40-50 mila voti in più”. Le differenze con la sua prima elezione però non si fermano qui: all’epoca Sala vinse al ballottaggio con Stefano Parisi, il candidato del centrodestra, col 51,7% dei voti contro il 48,3% dello sfidante: tutt’altra partita rispetto a quella con Bernardo ma la diffidenza maggiore che dovette superare, però, fu quella dei dem fra i quali era guardato con sospetto nonostante avesse vinto le primarie.
Questa volta la musica è cambiata ed è stato il sindaco che, nel frattempo ha aderito alla carta dei valori dei Verdi europei, a rimarcare più volte la sua indipendenza dai partiti. Anche dallo stesso Pd di cui, in realtà, non ha mai avuto la tessera. Un elemento non certo secondario: la linea la detta lui. Di questo ovviamente Sala, dal suo comitato nel quartiere Isola, non fa cenno – è sottinteso – e non risparmia, invece, stoccate al centrodestra: “La lezione che arriva da questa tornata elettorale è che la destra e forte finché non la guardi da vicino, poi scopri le sue debolezze”. Ma le parole più dure sono per il leader della Lega: “Penso che Salvini sia il responsabile principale del risultato del centrodestra. Ha gestito lui il processo di scelta ed è stato martellante a Milano nei suoi proclami”.
DESTRA IN PEZZI. Milano sorride al Pd, primo partito in crescita rispetto al 28,97% del 2016 e stabile rispetto alle europee del 2019: il confronto con queste ultime elezioni, che segnarono il massimo risultato della Lega, certificano un travaso di voti a destra in favore di FdI, che ha un balzo anche rispetto alle comunali del 2016 ma che in ogni caso non può gioire. è però il partito di Salvini – che cinque anni fa era ancora Lega Nord e portò a casa l’11,77% (ora non arriva al 13%) – a subire un vero e proprio tracollo: alle europee nel capoluogo lombardo era al 27,39%. Percorso inverso per il partito di Giorgia Meloni: 2,42% alle ultime comunali, 5,16% alle europee e 9,92% oggi mentre FI nel 2016 era il primo partito della coalizione con il 21%, poi sceso al 10,18% delle europee e finito al 7,47% in questa tornata.
Bruciano nel centrodestra i risultati: “Siamo al più basso risultato a Milano, per tutti i partiti e per tutte le liste”, afferma Maurizio Lupi. Nessuno, nel centrodestra, punta apertis verbi il dito contro il leader leghista ma i malumori emergono Caustico il commento del capolista di FdI Vittorio Feltri: “Meloni ha triplicato i suoi voti, quindi non può lamentarsi. Certo che per vincere bisognava avere una coalizione forte, che non c’è”, spiega all’Adnkronos. “Mi aspettavo che Salvini perdesse notevoli quote di elettori perché ha governato prima coi 5 Stelle, poi è uscito dal governo senza spiegare i motivi, poi è rientrato sempre coi 5 Stelle e con il Pd, senza spiegare nulla e la gente non ci ha più capito niente. Questo è il motivo per cui la Lega è passata dal 34% a delle cifre molto più dimensionate, ma dov’è la sorpresa? Era ovvio”. Continua anche il progressivo scivolamento del M5S, oggi intorno al 3% rispetto al 10,40% di cinque anni fa.