Nel salotto di un caro amico intellettuale, sfogliando uno dei suoi meravigliosi cataloghi sull’antichità, mi imbatto nell’immagine del Giano Bifronte. “Toh, il nuovo simbolo per la Lega di Matteo Salvini!”, esclama lui. Scoppiamo a ridere. Una risata amara a cui fa da sottofondo il ricordo della loro sciagurata gestione governativa, quando erano alla barra di comando, e la speranza che la gente provata da problemi seri non si illuda di trovare risposta in chi non riesce a sciogliere i nodi sulla propria identità, non avendone una ma almeno due.
QUANTA AMBIGUITÀ. La Lega che siede al tavolo della maggioranza di un governo capitanato da quella grande personalità che è Mario Draghi (invidiataci anche in terre teutoniche) mostra tutte le sue ambiguità. Le assenze tra i suoi banchi al voto in Parlamento sulla fiducia al decreto cosiddetto “Green Pass bis” che ne regola l’uso a scuola e nei trasporti certificano proprio ciò: la presenza non solo di anime diverse che tra loro dialetticamente e democraticamente dialogano all’interno della stessa compagine politica, ma il contrasto tra visioni opposte in un momento di delicatezza per il Paese in cui è richiesta compattezza e convinzione per una ripartenza reale.
A questo si aggiunge il caso Morisi (leggi l’articolo), il deus ex machina della Bestia salviniana, colui che ha decretato con arbitrio dispotico l’andamento della comunicazione partitica stabilendo chi fossero i suoi più degni interpreti. La cosa che più colpisce, a parte il fatto in sé che è soggetto al responso ultimo della giustizia, è come chi ha usato web e giornali per campagne che incitavano all’indignazione possa oggi comportarsi come agnello sacrificale di quella stessa macchina del fango.
Come se non mancasse, pronta la reazione da redde rationem dell’altra parte del partito che fa capo ai valori (così li chiamano) declamati dal tristemente noto senatore Simone Pillon pronto a dichiarare: “Il personaggio non mi è mai piaciuto. I gay nella Lega li conosco tutti”. Li riconoscerà mica con un numero di matricola progressivo, visto che sostiene siano parecchi?
MANCAVA PILLON. In più, come se non bastasse, non lodando il lavoro degli agenti e delle Procure che vivono di sacrifici, cosa fa? Si richiama alla giustizia divina che ha fatto il suo corso. Insomma, una cosa è certa, tra Morisi e Pillon – come avrebbe detto la mia nonna ciociara con una locuzione scherzosa – “il più pulito ha la rogna”. Non si offenda nessuno!