Che il voto nelle grandi città, ormai alle porte, rappresenti una sorta di elezione di mid term per tutti i partiti, soprattutto quelli di centrodestra che il 4 mattina si “peseranno” col voto di lista in vista della conquista della leadership della coalizione, è un dato di fatto. In questo senso sono state molto chiare le parole di Giorgia Meloni che giovedì, nel comizio a sostegno del candidato sindaco Paolo Damilano, ha dichiarato espressamente che l’obiettivo di FdI è quello di “essere il primo partito”. Il riferimento è ovviamente al derby tutto interno al centrodestra con la Lega, anche se sia Meloni che Matteo Salvini minimizzano la competizione. E il ragionamento di quest’ultimo che per giustificare lo shopping ai danni di Forza Italia ha affermato che sono comunque voti che “rimangono nel centrodestra”, non può certo essere condiviso dagli alleati.
ENRICO CHI? È in questo clima che va letto il fatto che in questa tornata elettorale i tre partiti principali vadano in ordine sparso: nessun comizio finale unitario a Roma, Milano e nelle alte città e addirittura prese di distanza dai candidati comuni. Il caso più eclatante è quello della capitale dove il “Mister Wolf” della Meloni Enrico Michetti – noto per fuggire dai confronti con gli altri candidati, non ultimo quello organizzato ieri, è stato praticamente mollato al suo destino. Quando spuntò il suo nome per la corsa al Campidoglio per il centrodestra pochissimi lo conoscevano e se, pur scettici, gli avevano dato fiducia.
Ma adesso, a due settimane dal voto per l’avvocato appassionato di antica Roma gli entusiasmi restano bassi (per usare un eufemismo). Il coordinatore di FI Antonio Tajani ci va giù pesante: “Su Roma avevamo indicato Bertolaso, un ottimo candidato che avrebbe vinto al primo turno”. Concetto espresso anche dal collega di partito e coordinatore romano Maurizio Gasparri “Speriamo che le scelte che la Meloni ha imposto alla coalizione in alcune grandi città si rivelino fortunate. Noi le stiamo sostenendo e abbiamo preferito l’unità della coalizione anche quando potevano essere fatte scelte diverse”, ha dichiarato ieri a LaPresse.
Insomma, gli azzurri avrebbero preferito avallare altre scelte e Michetti, se non proprio maldigerito, non è certo osannato. E da parte della Lega è vero che Salvini ha battuto a tappeto il territorio e tutte le periferie delle grandi città, compresa a Roma dove chiuderà la campagna sabato prossimo a Tor Bella Monaca (col candidato ma senza gli alleati), ma più pro domo sua che altro. E in ogni caso, colei che era stata presentata in pompa magna come candidata “prosindaca” – la giudice minorile Simonetta Matone (nella foto) – in giro con l’avvocato tribuno si è vista ben poco. Anzi, pare proprio sparita dai radar anche nelle occasioni pubbliche: una di queste è stata la raccolta firme per i Referendum sulla Giustizia al mercato di Labaro insieme a Salvini, quindi anche in quel caso per tornaconto del Carroccio, che quei quesiti referendari li ha proposti insieme ai Radicali.
OGNUN PER SE’. La Matone sarà sul palco con il leader della Lega il 25 settembre e Tor Bella Monaca mentre proprio alla stessa ora – alle 17 – la Meloni sarà a Milano in piazza Duomo “a sostegno della lista di FdI” (ci ha tenuto a sottolinearlo) e del candidato sindaco di centrodestra Luca Bernardo, che come Michetti – sondaggi alla mano – non scalda i cuori né dei potenziali elettori né di chi lo ha proposto per sfidare l’uscente – e pressoché sicuro della riconferma – Beppe Sala. Sotto la Madonnina il copione è dunque lo stesso: ognuno gioca per sé, con FdI che spera di arrivare quantomeno a pareggiare con la Lega, (mentre nella Capitale auspica di allargare la forchetta e restare ampiamente primo partito).
Poco importa se nell’evento organizzato da FdI sabato scorso in Piazza del Popolo per lanciare la volata a Michetti per quest’ultimo, quando ha parlato dal palco per pochi minuti, gli applausi siano stati pochi e contenuti, quel che conta – nell’ottica della Meloni – è che la piazza fosse piena. E lo era, ma per lei. Come se non bastasse sul “povero” candidato ha infierito Carlo Calenda: “Il programma di Michetti è totalmente scopiazzato. Scopiazzato dal programma di Alemanno del 2013, da quello di Giorgia Meloni del 2016. Ha scopiazzato persino quello presentato da Parisi a Milano”.