“Bisogna saper perdere. Non sempre si può vincere, ed allora cosa vuoi?”, recitava il ritornello di una vecchia canzone, presentata al Festival di Sanremo 1967 dai Rokes e da Lucio Dalla. Ma Matteo Salvini, si sa, è un grande estimatore di Fabrizio de Andrè e forse questo brano non lo conosce neanche. La sua pervicacia nel continuare a non ammettere che sulla questione Green Pass ha perso su tutta la linea è paradossale: anche ieri, nel day after l’estensione totale dell’obbligo di certificato verde varata in Cdm, in un’intervista a Primocanale rilasciata dal Salone nautico di Genova, il segretario del Carroccio ha ribadito che “non è un sconfitta della Lega”, aggiungendo che “Abbiamo (noi della Lega, ndr) cercato di trovare un equilibrio di buonsenso tra la tutela della salute che è sacrosanta e il diritto al lavoro.”
IL CONTENTINO. Salvini, mai domo, prosegue poi elencando una serie di misure “contentino” che Super Mario Draghi ha gentilmente elargito (più per non fare un torto a Giorgetti che per altro): “La Lega è riuscita a evitare quello verso cui qualcuno voleva andare: l’obbligo vaccinale di massa. Siamo riusciti a ottenere che i tamponi non durassero solo due giorni, ma tre, siamo riusciti a impegnare il governo ad avere tamponi rapidi salivari gratuiti o sotto prezzo per chi non può o non ritiene di vaccinarsi, abbiamo scongiurato problemi nel trasporto pubblico”.
Quest’ultimo punto, peraltro, è semmai un riconoscimento all’operato del ministro dei Trasporti Giovannini e in ogni caso è presto per cantare vittoria visto che la maggior parte degli istituti scolastici italiani ha riaperto i battenti da meno di una settimana. Non contento, il segretario della Lega si lancia poi una sorta di citazione manzoniana: “Sarà la storia e non la politica a dire se il Green Pass era lo strumento giusto o meno perché in altri Paesi europei che non sono governati da alieni, gente strana o no vax, il dibattito non esiste”, sentenzia Salvini, un po’ come Manzoni che nell’ode Il cinque maggio risponde appunto “ai posteri l’ardua sentenza” alla domanda che rivolge ai propri lettori, “Fu vera gloria?, riferendosi a Napoleone. Che in questo caso sarebbe Draghi.
LEGHISTI NON GREEN PASS. Come se non bastasse, siamo poi alle solite dinamiche interne alla Lega con i suoi distinguo e i suoi elementi “barricaderi”, in vista anche di quello che si preannuncia un Vietnam parlamentare sulla scia di quello che già è successo in commissione Affari sociali a Montecitorio in occasione della conversione in legge del primo decreto Green Pass quando Claudio Borghi tentò il blitz per stopparlo. Il secondo, che ha esteso l’obbligo della certificazione verde nelle scuole e università e per i trasporti a lunga percorrenza, approderà in Aula alla Camera dopodomani per la discussione generale per poi proseguire con le votazioni sugli emendamenti e nei giorni successivi con l’esame del provvedimento, all’interno del quale il governo ha inserito anche il testo del terzo decreto sul Green Pass, ovvero l’obbligo di esibire il QR Code per chiunque acceda nelle scuole e di vaccino per tutti i lavoratori delle Rsa.
Vedremo se anche stavolta la Lega si asterrà o addirittura voterà a favore degli emendamenti contrari. Intanto Borghi ha già fatto sapere che non esclude di ricorrere alla Consulta sulla questione dell’estensione dell’obbligo di certificato verde per accedere in Parlamento. “Intendo aspettare che il provvedimento arrivi in Aula e lì posso adire la Corte costituzionale”, ha affermato, tenendo poi a precisare che non è contrario perché ritiene che il parlamentare debba essere un privilegiato ma perché è contrario all’estensione dell’obbligo a tutti i lavoratori. Stessa posizione espressa dal collega senatore Armando Siri, che ieri ha ribadito di non condividere “il metodo, i modi e l’approccio di questa decisione”.
Tutti hanno interesse a tutelare la propria salute – ha affermato – quindi “proprio per questo bisognava accelerare con i test salivari, senza fare la voce grossa e senza mortificare i fondamentali dell’ordinamento costituzionale”. E aggiunge: “Se poi, purtroppo, ci accorgeremo che anche i vaccinati saranno costretti a fare il test penso che lo Stato dovrà pensare alla gratuità per tutti”. Insomma, per i leghisti non è finita qui, non esiste il game over.