La presidente della Commissione Ue, Ursula von Der Leyen, è stata chiara nel suo discorso al Parlamento europeo riunito a Strasburgo sullo “Stato dell’Unione” (leggi l’articolo). Tra le altre cose pare centrale il nuovo piano di difesa europeo. Von der Leyen vorrebbe farne un tratto distintivo della seconda metà suo mandato, soprattutto a fronte di quanto accaduto in Afghanistan. Si tratterà, secondo le indiscrezioni, di una “Expedition force” che metta in grado l’Ue di intervenire militarmente in tutti i teatri di guerra, con 5-6mila uomini pronti all’intervento e un quartier generale unico a Bruxelles.
Dopo la crisi afgana, le carenze europee per quanto riguarda la Difesa sono emerse in tutta la loro evidenza. In quel quadro von Der Leyen ha deciso di occuparsi personalmente di una riforma che segnerebbe una vera e propria “rivoluzione” in questo settore. Non è un caso – particolare non di poco conto – che martedì scorso ha convocato una riunione ad hoc nei suoi uffici proprio per delineare un documento informale su cui discutere con tutti i Paesi membri già nelle prossime settimane.
IERI COME OGGI. Fin qui pare tutto bene. E invece no. Perché come spesso accade tra teoria e prassi c’è di mezzo il mare. I dubbi sul progetto della difesa comune con tanto di euro-esercito sono gli stessi che già vent’anni fa più di qualcuno formulò. E solo il fatto che più di qualcuno avanza gli stessi punti di domanda dovrebbe far riflettere. Innanzitutto non si può far caso alla “coincidenza” per la quale la prima volta che venne partorita l’idea di un esercito europeo era il 2001 e si pensò a quest’ipotesi proprio dopo l’attentato alle Torri Gemelle per fronteggiare l’emergenza terrorismo. Ora viene concepita nuovamente proprio all’indomani della ritirata da Kabul, segno evidentemente che perlomeno su questo fronte venti anni sono passati inutilmente.
DENTRO E FUORI. Altro aspetto – connesso al primo – è il ruolo che questo nuove ipotetico esercito potrebbe rivestire in rapporto ad altre organizzazioni internazionali, una su tutte la Nato. Non è secondario il fatto che alcuni Paesi membri – come la Francia – non fanno parte dell’Alleanza Atlantica. E, di contro, alcuni Stati come la Turchia, interni alla Nato, non fanno parte dell’Ue. Che linea si prenderà in questi due casi evidentemente e diametralmente opposti? Impossibile dirlo.
ALLA RINFUSA. Il punto è proprio questo: passano gli anni ma l’Unione europea, al di là del discorso monetario e finanziario, è un’entità etera, astratta, formata da Stati che seguitano ad andare in ordine sparso. Tornando all’Afghanistan: non è un mistero che alcuni Paesi hanno ritirato l’ambasciata, altri invece sono rimasti. Quel che manca, dunque, è una vera politica estera condivisa, unica e concreta. E finché non c’è questa, parlare di un euro-esercito è sciocco e fuori luogo.