Si sente parlare da decenni – e in modo rigorosamente bipartisan – di “superare i campi rom” ma a quanto pare soltanto la sindaca Virginia Raggi ci sta riuscendo davvero. Non slogan strillati in campagna elettorale per accalappiare voti, come sostengono i rivali della prima cittadina grillina, ma un “Piano Rom” articolato e che, alla luce dell’ultimo report presentato ieri (qui il documento integrale), funziona a gonfie vele. I dati e i fatti parlano chiaro e infatti, spiega la pentastellata, “in questi anni abbiamo chiuso cinque campi rom” e “abbiamo registrato una diminuzione delle presenze della popolazione rom del 41,1%” a cui si accompagna anche “una diminuzione del fenomeno dei roghi tossici dell’83%”.
Si tratta, prosegue senza peli sulla lingua la prima cittadina della Capitale, “di un processo delicato e ancora in corso, ma i risultati raggiunti finora dimostrano che la direzione presa, la metodologia utilizzata e la forte regia istituzionale alla base del Piano Rom funzionano” e per questo bisogna continuare su questa linea. La stessa sindaca Raggi sulla propria pagina Facebook poi lancia una stoccata che sembra indirizzata a Matteo Salvini raccontando che “noi non facciamo chiacchiere parlando solo di ruspe, come qualcun altro, ma risolviamo il problema alla radice, chiudendo quei campi che i miei predecessori hanno aperto o che hanno mantenuto così com’erano perché evidentemente gli conveniva”.
I DATI NON MENTONO. Che le cose stiano così è evidente proprio dal documento presentato ieri in Campidoglio alla presenza della Raggi, del Vice Capo Gabinetto Roma Capitale Marco Cardilli, della Delegata della Sindaca all’Inclusione Monica Rossi, del direttore de La Notizia Gaetano Pedullà, dell’Economista Mauro Di Giacomo, dell’Antropologo Roberto De Angelis, dell’Esperto Sviluppo e Cooperazione Salvatore Ippolito, e del Vice Comandante della Polizia Locale di Roma Capitale Stefano Napoli. Nel testo si legge chiaro e tondo che “a Roma i gruppi rom sono in continuo calo dal 2017 e non solo nei grandi campi autorizzati ma anche negli insediamenti informali”.
Particolarmente eloquente è il dato sugli insediamenti consentiti (vedi tabella in alto a destra) che mostrano “una generalizzata e decisa riduzione di presenze in quasi tutti i grandi campi”. Dai 4.503 residenti censiti nel 2017, si è arrivati ai 2.652 di dicembre 2020. In altre parole 1.851 hanno lasciato queste strutture, pari al 41,1% dei residenti. Un dato che, in realtà, sarebbe anche maggiore perché non tiene conto della chiusura del campo della Monachina di luglio 2021 e della chiusura dell’area F di Castel Romano di aprile 2021 in quanto non rientrano nel periodo preso in esame.
Risultati che sono stati ottenuti grazie a un lavoro capillare coi referenti dell’Amministrazione che, si legge nel report, “all’interno dei vari campi, hanno sviluppato una intensa attività di contatto individuale, famiglia per famiglia, individuo per individuo, per far capire il ruolo attivo che ciascuna persona era chiamata ad avere”. In tal senso i contatti sono stati numerosi “come attesta il dato dei 6.997 colloqui, pari a una media di 5 contatti per persona maggiorenne residente nei campi”. A questi si aggiungono 1.507 interventi finalizzati a sostenere la regolarizzazione documentale, 3.655 interventi di tipo socio sanitario e 165 interventi per l’inclusione occupazionale.
Non solo “nel corso del piano sono stati attivati 56 patti per l’inclusione abitativa e 23 patti per chousing” a cui si aggiungono 65 famiglie che hanno trovato casa in autonomia. Per quanto riguarda gli alloggi Erp “nel periodo considerato, sono state assegnate 148 case popolari a nuclei familiari residenti nei villaggi autorizzati e tollerati della Capitale”, pari al 10,5% del totale complessivo delle assegnazioni a Roma corrispondente a 1409 alloggi.
ROGHI TOSSICI E CONTROLLI. Per quanto concerne il fenomeno dei roghi tossici, “si registra una diminuzione dell’83,2%”. A fronte di un numero di incendi “pari a 119 nei primi 5 mesi del del 2017”, ne vengono registrati “20 tra gennaio e maggio 2021” ciò a riprova “dell’impegno profuso dall’amministrazione e dalle Forze di Polizia nel contrasto di tali fenomeni di illegalità” (vedi tabella in basso). In particolare, si sottolinea nel report che nel primo semestre del 2021 i villaggi di Via Candoni e di Via La Monachina non registrano alcuna segnalazione.
Un risultato che è stato raggiunto proprio grazie alle politiche messe in atto dalla sindaca Raggi che “oltre ai controlli diretti delle forze di Polizia nel 2021, è stata poi disposta sia l’installazione di 16 telecamere e 11 termocamere in Via di Salone, Via Cesare Lombroso, Via Candoni, Castel Romano e La Barbuta, al fine di garantire maggiore controllo e interventi più veloci da parte delle autorità”. Non solo. La squadra messa in campo dalla sindaca si avvale anche di droni con 54 agenti di Polizia Locale “formati opportunamente nel pilotaggio dei dispositivi”. Proprio grazie a ciò si è passati dai 216 roghi del 2017 ai 157 del 2020. Un dato che è in continuo miglioramento come si evince dai primi cinque mesi del 2021 con i roghi tossici che sono stati appena 20, a fronte dei 119 registrati nello stesso periodo del 2017.
IL MODELLO. A spiegare il fenomeno e com’è stato possibile superarlo dopo anni di impasse, è la Delegata della Sindaca all’Inclusione Monica Rossi. “Questi ghetti, o meglio iperghetti, sono stati costruiti dalle precedenti amministrazioni, e per 40 anni interi gruppi di persone vi sono state concentrate in base all’idea di un preteso rispetto di ipotetiche tradizioni culturali”. Quello che i campi – in passato – hanno generato e riprodotto “sono stati soprattutto dipendenza, esclusione, auto isolamento, rallentamento, e in molti casi arresto e congelamento dei processi di inclusione e di emancipazione”.
Qualcosa che il Piano messo in campo dall’Amministrazione grillina “ha cercato di ricondurre entro una gestione normalizzata” del fenomeno. In altre parole “il modello metodologico è stato quello di de-etnicizzare questo tema, sottraendolo alla politica emergenziale del differenzialismo iperculturalista e delle misure ad hoc, disegnando interventi di piano e riconducendo il tutto nell’ambito più generale delle politiche sociali applicate sotto una forte regia istituzionale e con l’aiuto del terzo settore” ha precisato la Rossi. Un lavoro enorme “avvenuto tra mille difficoltà”, continua la delegata all’inclusione, con “durissimi attacchi verso questa Amministrazione da parte di tutti, spesso anche bassamente personali” e perfino con “attività esplicite di boicottaggio degli interventi, con individui ed associazioni che andavano nei campi a dissuadere i residenti dall’aderire al Piano perché vivono dell’indotto del bisogno”.
Eppure a fronte di risultati tanto evidenti, del resto sono i numeri a parlare chiaro e su quelli non si può discutere, c’è ancora chi cerca di costruire una realtà diversa. Tra questi spicca Claudio Durigon, il coordinatore della Lega, secondo cui “stare a sentire la Raggi è cabaret. Il piano Rom ha mancato di raggiungere gli obiettivi prefissati: è un fatto. È costato milioni di euro all’amministrazione capitolina e ha posto in essere scelte rifiutate dagli stessi Rom. Vittoria? Solo propaganda”. Una sparata che ha il sapore di uno slogan buono solo per la campagna elettorale visto che, proprio alla luce del report, risulta già ampiamente smentita dai fatti.