“Come si temeva, dopo un anno e sette mesi di detenzione preventiva, Patrick Zaki va a processo. La prima udienza è prevista domani, 14 settembre. Gli è contestato uno scritto del 2019 in difesa della minoranza copta”. È quanto ha reso noto su Twitter il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Noury, riferendosi alla vicenda del trentenne, studente egiziano dell’Università di Bologna in carcere al Cairo con l’accusa di propaganda sovversiva.
La notizia dell’apertura, domani in Egitto, del processo contro Zaki, ha aggiunto all’Agi Noury, è “uno sviluppo enormemente preoccupante”. “Avevamo chiesto al governo italiano per tempo di muoversi”, prosegue il portavoce di Amnesty International Italia, “perché temevamo che sarebbe arrivato questo momento. Ora ogni minuto che passa, in cui non si fa nulla per Patrick rischia di essere veramente tempo perso colpevolmente da parte delle istituzioni italiane”.
Il tribunale competente sarà quello della città di Mansura, dove Zaki era stato detenuto subito dopo il suo arresto. “Va a processo”, continua il portavoce di Amnesty, “per uno scritto in difesa della minoranza copta, che risale al 2019; le prove della procura per la sicurezza dello Stato sono segrete, quindi questa accusa apparentemente pare venire fuori dal nulla, ma fa parte di tutto ciò che è stato montato falsamente contro di lui”.
Il 22 agosto scorso a Zaki era stata rinnovata, per l’ennesima volta, la custodia cautelare in carcere (leggi l’articolo). “Le preoccupazioni e i timori erano, purtroppo, fondati. La tortura di Patrick continua – scrive scrive su Twitter il deputato Pd Filippo Sensi -, oggi una escalation che ci trova ancora più determinati a lottare al fianco di questo ragazzo, cittadino italiano, prigioniero e sequestrato in un incubo”.
“Non mancherà un solo istante – aggiunge l’esponente dem -, un solo istante, la nostra determinazione per la liberazione di Patrick Zaki dalla sua assurda prigione. Sii forte, ragazzo, come sei stato finora, se possibile. Comincia il processo. Continueremo a chiedere al governo di fare ogni sforzo, ogni, per far tornare Patrick a Bologna, ai suoi studi. Finora troppo silenzio, troppa attesa, troppo poco. Troppo poco. Le istituzioni europee e internazionali alzino ulteriormente il livello di attenzione”