di Alessandro Ciancio
L’Italia non parteciperà ad una azione militare in Siria senza un mandato delle Nazioni Unite. Lo ha ribadito ieri il presidente del Consiglio Enrico Letta, intervenendo nell’aula di Montecitorio e di Palazzo Madama durante i dibattiti parlamentari su una crisi internazionale che il nostro Paese sta seguendo da lontano, senza svolgervi alcun ruolo diplomatico di rilievo. «L’Onu è e deve essere centrale. Lo spazio per una soluzione alternativa esiste. E dobbiamo percorrerla» ha aggiunto, riassumendo la prudenza del governo, in precario equilibrio – come peraltro gran parte della comunità internazionale – tra l’esigenza di far rispettare al regime di Assad regole minime sul piano del rispetto dei diritti umani («L’uso delle armi chimiche è un confine invalicabile, la negazione di percepirci come esseri umani, un micidiale strumento di morte, bandito da oltre 90 anni») e la preoccupazione che un intervento armato possa ottenere soltanto il propagarsi nell’area di un incendio dalle proporzioni incalcolabili. «Per il Consiglio di sicurezza dell’ Onu – ha spiegato Letta – c’è lo spazio per adottare misure urgenti contro l’uso delle armi chimiche. Dobbiamo percorrerlo. Sulla Siria sono arrivati negli ultimi giorni segnali incoraggianti e mi riferisco alla proposta russa di sottoporre l’arsenale chimico sotto controllo internazionale. Non voglio però farmi illusioni: la strada diplomatica resta in salita, per conquistare consistenza ha bisogno di verifiche. È una strada da battere con determinazione e volontà. Siamo convinti che nessuna delle parti in campo sia capace di prevalere nel conflitto: una politica negoziata è l’unica via praticabile per la stabilizzazione» della Siria e della regione e bisogna continuare a sostenere «la conferenza Ginevra 2 la cui convocazione è urgente e indispensabile». Il premier ha poi ammesso che la crisi siriana costituisce una sfida per il ruolo politico dell’Europa: «È cruciale che tutti sappiano trovare un codice comune, per parlare con una voce sola, unica. Se non si fa la pena è la condanna all’ irrilevanza». Si è quindi soffermato sull’emergenza umanitaria in atto nella regione: «Dobbiamo alleviare le sofferenze in Siria e negli stati vicini sui cui confini si sono già accalcati due milioni di profughi. E un intervento per ragioni umanitarie è essenziale al fine di evitare il collasso dell’ economia di paesi confinanti la cui stabilità è preziosa per la sicurezza regionale, mondiale e per la nostra sicurezza. Pensiamo alla Giordania e al Libano, dove opera un nostro avamposto con il consenso e il plauso di tutti. Mi riferisco al contingente Unifil che ci rende in definitiva un paese confinante con la crisi siriana». Una ragione più che sufficiente per chiedere al Parlamento di «propiziare, attraverso lo strumento del decreto legge, le missioni in via di imminente rinnovo e l’approvazione del nostro contributo italiano in linea con quello annunciato dai nostri principali partner internazionali. L’Italia è un grande Paese e al G20 di San Pietroburgo abbiamo infatti annunciato lo stanziamento di 50 milioni di dollari per risolvere questa emergenza umanitaria».Ha infine evocato l’appello di Papa Francesco e l’incontro avuto a Palazzo Chigi con il giornalista Domenico Quirico: «Nei suoi occhi ho letto la sofferenza di un dramma individuale ma che investe il nostro ruolo. Una complessità straordinaria cui abbiamo il dovere di corrispondere con scelte coraggiose e decisioni in grado di garantire sicurezza e la pace». La morbida retorica di Letta non è ovviamente dispiaciuta ai partiti della maggioranza. Quanto alle opposizioni, la Lega ha chiesto al governo l’immediato ritiro del nostro contingente in Libano mentre la posizione di Sel, che pure si è vista respingere la sua mozione, è stata meno intransigente del solito. «La posizione del governo non ci stupisce. Nel nostro dispositivo – ha spiegato il deputato Arturo Scotto – era esplicito il riferimento al divieto di concessione delle basi italiane in caso di azione militare contro il regime di Assad». Molto più critici i parlamentari grillini, che infatti sono stati gli unici a non applaudire l’intervento del presidente del Consiglio. «Questa è guerra, voi state votando per la guerra. Siete degli ipocriti» ha urlato aula il deputato Giorgio Sorial.