Completata ieri la disastrosa ritirata degli Usa dall’Afghanistan. A chiudere simbolicamente la missione, durata venti anni, sono stati il generale maggiore Chris Donahue e l’ambasciatore Ross Wilson (leggi l’articolo). La situazione a Kabul continua intanto ad essere disastrosa e rischia di portare una valanga di difficoltà all’occidente, mentre i talebani esultano, i terroristi tornano ad alzare la testa e la Cina approfitta dell’attuale debolezza di Joe Biden, che è tornato a parlare alla nazione, per difendere ancora una volta quella che non è stata la migliore figura degli States.
L’ADDIO. La foto dell’ultimo soldato statunitense che lascia l’Afghanistan, un militare che si avvia verso un C-17 con il fucile stretto nella mano destra, è un’immagine che già fa parte della storia. Un addio davanti al quale hanno esultato i talebani, sparando con le mitragliatrici verso il cielo mentre partiva l’ultimo aereo statunitense, per poi prendere subito il pieno controllo dell’aeroporto. Al Pentagono, il segretario alla Difesa Lloyd Austin e il generale Mark Milley hanno assistito agli ultimi 90 minuti della partenza militare in tempo reale, da una sala operativa nel seminterrato. Il segretario di Stato, Antony Blinken, ha sostenuto che si apre “un nuovo capitolo dell’impegno Usa in Afghanistan”.
Stessa linea scelta da Biden. Ma non è semplice gestire il presente e il futuro. La stessa rappresentanza diplomatica è stata spostata da Kabul a Doha. Le compagnie aeree commerciali non volano nell’aeroporto di Kabul e non si sa ancora chi si occuperà della sua gestione. Inoltre il gigantesco ponte aereo messo in campo dal 14 agosto, quando i talebani hanno preso il potere, ha messo in salvo 123mila persone, ma ci sono ancora nel Paese tra i 100 e i 200mila statunitensi che vorrebbero andarsene e migliaia di afghani che hanno lavorato per anni con gli alleati e non sono riusciti a partire. In Afghanistan tra l’altro è rientrato Amin-ul-Haq, ex capo della sicurezza di Osama bin Laden nel suo rifugio di Tora Bora.
LOTTA TRA GIGANTI. La Cina sta approfittando delle difficoltà degli Usa. “Il ritiro disordinato e affrettato delle truppe straniere è la causa del recente caos in Afghanistan”, ha dichiarato il vice rappresentante permanente di Pechino alle Nazioni Unite, l’ambasciatore Geng Shuang, nel suo intervento all’Onu. “Il ritiro non è la fine delle responsabilità, ma l’inizio della riflessione”, ha aggiunto. E tanto la Cina quanto la Russia si sono astenute sulla risoluzione del Consiglio di Sicurezza per creare un “passaggio sicuro” per le persone che cercheranno di lasciare il Paese dall’aeroporto di Kabul dopo il ritiro degli Stati Uniti. Preoccupato della situazione, davanti a simili scenari, lo stesso Papa Francesco, il quale ha sostenuto che nel ritiro non sono state “prese in considerazione tutte le eventualità”.
LO SCENARIO. Biden dovrà ora cercare di recuperare il prestigio perduto trovando soluzioni valide su Kabul dopo il ritiro delle truppe. Ha rassicurato il Paese, ma non sarà semplice. “Il lavoro dell’America in Afghanistan continua. Abbiamo un piano per il futuro e lo stiamo mettendo in atto’’, ha twittato sempre il Segretario di Stato americano. “Nessuno potrà utilizzare l’Afghanistan per lanciare attacchi contro altri Paesi e distruggere la pace’’, ha dichiarato il portavoce dei talebani Zabihullah Mujahid. Crederci però è difficile e il potere degli stessi talebani estremamente debole.
Biden: “E’ finita la guerra più lunga d’America”
“E’ finita la guerra più lunga d’America” ha esordito Biden, con più di mezzora di ritardo rispetto ai programmi, nel suo discorso agli americani. Il presidente Usa non ammette alcuna disfatta, e anzi rilancia orgoglioso: “L’evacuazione è stato un successo straordinario” definendo l’operazione “una missione di compassione, di misericordia. La nostra operazione – chiarisce – ci ha permesso di fare volare più di 5 mila americani. Siamo riusciti a fare partire il 90% degli americani, ma per il 10% non c’è una scadenza”.
“La scadenza del 31 agosto non era una data arbitraria, ma una data per salvare vite americane. Ci sono ancora 100-200 americani in Afghanistan e per loro non c’è nessuna scadenza. Li faremo uscire se vorranno uscire”, ha spiegato. Biden davanti alla nazione, da uomo solo al comando, si assume tutte le responsabilità sulle decisioni assunte.
“Il ritiro è di mia responsabilità, mi prendo la responsabilità per tutte le decisioni prese”, rivendica Joe Biden guardando fisso la telecamera, non prima di avventurarsi in una breve riflessione sulla fragilità dell’esercito e del governo afghano. E anche sui piani che con il senno del poi sono falliti sotto il peso dell’evidenza.
“Eravamo pronti a lasciare il Paese pensando che le forze afghane dopo due decenni fossero pronte per combattere, ma non hanno resistito quanto pensavamo; gli afghani hanno anche visto il loro governo collassare e il presidente fuggire. Avevo preso un impegno con il popolo – ha concluso Biden -, che avrei posto fine alla guerra; oggi ho rispettato quell’impegno”.