Se non ci fossero Matteo Salvini, Matteo Renzi, Giorgia Meloni e chi più ne ha più ne metta, bisognerebbe inventarli. Non è da tutti, infatti, dire a gran voce che una norma non funziona, che addirittura è diseducativa e che incentiva il clientelismo, crederci realmente e – semmai non bastasse – fare in modo che anche gli altri prendano per buone quelle parole. È quanto sta accadendo, ormai da mesi, col Reddito di Cittadinanza.
Lo sappiamo bene: le opposizioni sono pronte ad offrire un importante appoggio all’iniziativa di Italia Viva che vuole raccogliere le firme per indire un referendum al fine di abolire il Reddito di cittadinanza. Resta però la domanda: i nostri hanno davvero ragione? È così deleterio il provvedimento fortemente voluto dal Movimento cinque stelle fino a diventarne vessillo da rendersi necessario un referendum per cancellare la norma?
Il punto è piuttosto importante: alla ripresa dell’attività parlamentare Lega e Italia Viva già sono pronti a proporre leggi ed emendamenti per modificare o cancellare il Reddito di cittadinanza ancor prima dell’esito di un eventuale (e ad oggi molto remoto) referendum. Eppure a scorrere le dichiarazioni che nel corso dei mesi sono state rilasciate da diversi politici non ci sono dubbi sull’iniqua norma pentastellata.
Qualche esempio? A inizio agosto a tuonare era proprio Matteo Renzi (leggi l’articolo): “La verità – diceva parlando proprio del Reddito di cittadinanza – è che non funziona, tutti lo sanno, nessuno lo ammette, sono pronto a discutere delle misure per lottare contro la povertà, ma questa misura non può essere il sussidio diseducativo e clientelare che non ti avvicina al lavoro”. A dargli manforte nello stesso periodo proprio Salvini: “Bisogna rivedere il reddito di cittadinanza perché ha creato solo lavoro nero. Un deserto economico ma anche morale perché disincentiva alla fatica, alla passione e al lavoro”.
E Giorgia Meloni? Stesso identico pensiero: “Il reddito di cittadinanza è come il metadone per i tossicodipendenti. Io sono per abolirlo”, ha detto qualche settimana fa attirando su di sé le critiche di molti. Ma lei, indefessa, ha continuato: “È una misura cretina e fatta male, una misura depressiva per la nostra economia, che ha favorito il lavoro nero e la disoccupazione“.
I NUMERI UFFICIALI, E fin qui le dichiarazioni. Che – più di qualcuno potrebbe pensare – sicuramente saranno avvalorati da fatti e dati. Mai – questo qualcuno continuerebbe a ragionare – politici di tale levatura oserebbe anche solo lontanamente lanciarsi in dichiarazioni non supportate da numeri e statistiche. Andiamo allora a vedere proprio i numeri ufficiali forniti dall’Istat.
Ebbene, i dati amministrativi dell’Inps pubblicati due giorni fa raccontano tutt’altra storia: a maggio sono stati attivati la bellezza di 142.272 rapporti di lavoro stagionali. Quasi il doppio rispetto al 2017 e 50mila in più sia rispetto al 2018 – prima dell’introduzione del reddito di cittadinanza – sia rispetto al 2019. Una ricerca d’archivio conferma che si tratta di un record da almeno otto anni a questa parte (le serie arrivano fino al 2014).
L’Osservatorio sul precariato diffuso dall’istituto previdenziale mostra che, con il traino dell’industria, il mercato del lavoro in Italia è ripartito a un buon ritmo prima ancora dell’inizio dell’ottima stagione turistica. Le assunzioni da parte di datori di lavoro privati sono state nei primi cinque mesi 2.412.000, in netto aumento rispetto allo stesso periodo del 2020. Altro che clientelismo.