L'Editoriale

La mitologia su Draghi è finita al G7

Che figuraccia per il rotolone unico della stampa italiana che dal primo giorno di Draghi al governo ci racconta della sua indiscussa autorevolezza.

La mitologia su Draghi è finita al G7

Che figuraccia per il rotolone unico della stampa italiana che dal primo giorno di Draghi al governo ci racconta della sua indiscussa autorevolezza, della leadership e del testimone che solo lui può raccogliere dalla Merkel per guidare l’Europa e il mondo.

Alla prima prova effettiva i colleghi del G7 non se lo sono filato per niente, e le pressioni su un prolungamento del presidio militare all’aeroporto di Kabul dopo il 31 agosto si sono infrante sul muro del minuscolo presidente Biden, indisponibile a rompere i propri accordi sottobanco con i talebani (leggi l’articolo).

Niente da fare anche per un G20 urgente, che potrebbe tamponare l’emergenza umanitaria in Afghanistan grazie alla mediazione di Paesi vicini al nuovo regime, come Cina e Russia. Quando i leader si degneranno finalmente di riunirsi saranno cadute chissà quante teste di quei poveri afghani colpevoli di aver collaborato con la missione militare internazionale, e soprattutto di essersi illusi che l’Occidente sappia mantenere le promesse.

La mattanza d’altra parte è già iniziata, e senza capacità di dialogo con chi ha preso il controllo del Paese siamo del tutto impotenti. E tragicamente colpevoli. A differenza di quanto temono quei cuori d’oro che vanno da Orbán a Salvini, i talebani non intendono spedirci alcun fiume di profughi, e per frenare il flusso ne hanno già impedito l’imbarco sugli ultimi voli in partenza. Un divieto che sa di condanna a morte per chi abbandoneremo al suo destino. E una macchia indelebile per i sedicenti Grandi del pianeta, messi all’angolo da un Baradar qualunque.