Le terribili immagini del caos all’aeroporto di Kabul dopo che in Afghanistan la situazione è drammaticamente precipitata, come quelle che ieri hanno mostrato centinaia di persone circondare un aereo cargo militare americano mentre si apprestava a decollare, con decine di civili aggrappati ai carrelli e a qualunque appiglio, non possono non richiamare alla memoria i “falling man” delle Torri Gemelle, l’11 settembre 2001.
E non possono non far pensare che siamo di fronte al preludio di quello che inevitabilmente ci attende: un esodo di profughi ai quali la protezione umanitaria non potrà essere negata. In quest’ottica appaiono ancor più fuori luogo le polemicucce estive che fino ad oggi hanno tenuto banco, i botta e risposta tra la ministra dell’Interno Lamorgese da una parte – che a Ferragosto si è limitata a esprimere preoccupazione per il “probabile aumento dei flussi attraverso la rotta balcanica” – e il solito Salvini che ogni estate da due anni a questa parte – cioè da quando il titolare del Viminale non è più lui – tira fuori gli slogan triti e ritriti sulla fallimentare gestione dell’immigrazione.
“Numeri alla mano le spiegherò la differenza fra un ministro dell’Interno che ha difeso i confini, la sicurezza e la dignità dell’Italia a costo di andare a processo – ha tuonato il leader della Lega rivolto alla Lamorgese – e chi invece non ha ancora fatto nulla per contrastare scafisti, trafficanti e clandestini”, la quale di tutta risposta, come prevedibile, ha chiamato in causa l’intero esecutivo – di cui peraltro la Lega fa parte – compreso Mario Draghi per la “responsabilità delle sue scelte passate, presenti e future”.
Ed è proprio il premier ieri, si legge in una nota di Palazzo Chigi, a far sapere che “L’impegno dell’Italia è proteggere i cittadini afghani che hanno collaborato con la nostra missione”: è in effetti arrivato ieri a Fiumicino alle 14:30 il volo militare con a bordo il personale diplomatico e i collaboratori afghani, e Draghi per tutto il giorno è stato in continuo contatto con il Ministro della Difesa, Lorenzo Guerini e quello degli Esteri, Luigi di Maio. Ma il punto è ancora una volta la spaccatura in seno all’Ue. “L’Italia è al lavoro con i partner europei per una soluzione della crisi, che tuteli i diritti umani, e in particolare quelli delle donne”, si legge ancora nella nota, consci che i primi a pagare per gli errori di Joe Biden saremo noi europei.
La rotta balcanica si trasformerà presto nell’arteria del nuovo esodo afghano con numeri ben superiori a quelli del 2015 quando ai confini nord orientali dell’Italia e a quelli meridionali di Austria e Germania pressarono oltre un milione di migranti provenienti dalla Siria. E proprio questi due paesi hanno già annunciato la loro linea: “Chi ha bisogno di protezione deve riceverla il più vicino possibile al proprio Paese d’origine”, ha detto il ministro dell’Interno austriaco Karl Nehammer, e nei giorni scorsi, l’Austria insieme a Paesi Bassi, Belgio, Grecia, Danimarca e Germania, ha firmato una lettera indirizzata ai commissari Ue contro la sospensione dei rimpatri degli afghani all’estero richiesta lo scorso 8 luglio da Kabul, che già guardava all’avanzata dei talebani con preoccupazione.
Chiara la posizione della cancelliera tedesca Angela Merkel: “Molte persone cercheranno di lasciare l’Afghanistan e dobbiamo fare di tutto per aiutare i Paesi confinanti a sostenere i rifugiati. Ergo: aiuti economici ma me nessuna accoglienza. A quella per ora ci penserà almeno in parte l’Albania, che ha risposto positivamente alla richiesta Usa di ricevere temporaneamente alcuni profughi in transito diretti proprio verso gli States come destinazione finale.